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«Chi sono io per giudicare?»

di Salvatore Nocera
avvocato, esponente della FISH – Federazione Italiana Superamento Handicap, cattolico

Abbiamo già avuto modo di occuparci dell’articolo di Enrico Negrotti, pubblicato nei giorni scorsi sull’«Avvenire», critico sul sostegno manifestato dall’associazionismo delle persone con disabilità all’approvazione del “Disegno di Legge Zan”.  Torniamo ora sull’argomento ospitando l’ottima riflessione di Salvatore Nocera, che, da cattolico praticante, chiede ai suoi fratelli e alle sue sorelle di fede di sostenere le persone con disabilità nelle lotte contro le discriminazioni, «che sono ancora troppe in un mondo in cui il rispetto dell’eguaglianza fra tutti è ancora un’aspirazione di centinaia di milioni di diversi».

 

Una coppia di lesbiche sfila in occasione di una manifestazione della comunità LGBTI+, una delle donne si sposta in sedia a rotelle, entrambe hanno un cappello ed un boa di struzzo rosa.

Ho letto con disappunto sull’«Avvenire» dell’8 luglio scorso l’articolo dal titolo “Discriminazione dei disabili, saper vedere dove comincia” a firma di Enrico Negrotti, che si apre con la seguente affermazione: «Stupisce, e un po’ addolora, che il mondo della disabilità abbia deciso di ribadire il suo sostegno al cosiddetto ddl Zan così com’è», e prosegue citando a riprova il comunicato-stampa con il quale la FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, si è espressa a sostegno del Disegno di Legge S. 2005 (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità), comunemente noto come “Disegno di Legge Zan”, aderendo ad un appello congiunto con l’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), che tutela i diritti delle persone di origine straniera o appartenenti a minoranze etniche che risiedono nel nostro Paese, e la Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali/Transgender e Intersessuali).

Sono anch’io cattolico praticante, persona con disabilità ed esponente della FISH, e  leggo spesso con piacere e piena condivisione gli articoli di «Avvenire», sul quale sono pure stato talora  intervistato. Ho apprezzato il tono pacato dell’ex presidente della Corte costituzionale professor  Giovanni Maria Flick, notoriamente cattolico praticante, circa alcune sue perplessità relative alla formulazione letterale di taluni articoli per i rischi di scarsa chiarezza interpretativa che potrebbero creare problemi di contenzioso (Angelo Picariello, Ddl Zan, i dubbi di Flick: scelte pericolose, il Senato rifletta bene, «Avvenire», 11 maggio 2021). Non posso invece condividere il tono ed i contenuti critici dell’articolo in parola, per i motivi che illustro di seguito.

L’articolo sostiene che  i motivi di discriminazione concernenti le persone con LGBTI sono molto diversi da quelli relativi alla discriminazione subita dalle persone con disabilità. È strano come l’Autore, pur dicendo di seguire da molti anni le questioni delle persone con disabilità non abbia colto il senso della richiesta di giustizia realizzata con l’introduzione tra le persone vittime di discriminazione per motivi legati alla propria condizione personale, anche quelle con disabilità. A parte il fatto che spesso le donne con disabilità subiscono violenze in ragione della discriminazione multipla dovuta all’essere simultaneamente persone con disabilità e donne, tuttavia, specie a partire dalla discussione ed approvazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (approvata nel 2006 con l’apporto determinante del gruppo ufficiale di persone con disabilità italiane, e ratificata dall’Italia con la Legge 18/2009), come persone con disabilità abbiamo sempre più preso coscienza che, proprio in quanto diversi, siamo discriminati in tantissimi ambiti della vita comune e quotidiana. Come  “diversi” non accettiamo le discriminazioni che ci vengono inferte, e ci sentiamo tutti “fratelli e sorelle” di quanti vengono discriminati solo per il fatto di essere diversi dalla maggioranza degli altri.
Questo è il motivo per il quale noi della FISH abbiamo aderito alla richiesta di approvazione del DDL Zan immediata e senza modifiche, pur essendovi tra noi chi avrebbe preferito alcuni chiarimenti linguistici suggeriti dal presidente Flick.

L’Autore sostiene che «la definizione di disabilità è tutt’altro che pacifica, e la classificazione internazionale del funzionamento (Icf, nella sigla inglese [ICF: Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, N.d.R.]) adottata vent’anni fa dalla Organizzazione mondiale della sanità non è condivisa da tutti gli Stati perché – nel chiedere che si tolgano le barriere e si favoriscano i facilitatori per le persone colpite da qualche problema di salute – chiama in causa la responsabilità politica di intervenire attivamente per rimediare a situazioni che trasformano una persona con un bisogno di assistenza in un disabile». Riguardo a questa affermazione mi permetto, in qualità di esperto giuridico, di precisare che non esiste alcuna divergenza tra noi persone con disabilità e tra i giuristi circa la definizione di disabilità ai sensi della citata Convenzione ONU che così  ci definisce all’articolo 1, comma 2: «Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.» Pertanto la questione non è che la società  “trasforma”  in persone con disabilità le “persone colpite da qualche problema di salute”, come afferma l’Autore, infatti le persone con disabilità sono quelle colpite da minorazioni, di lungo periodo, fisiche, intellettive e sensoriali, come sancito dalla Convenzione ONU e, forse in modo più preciso, dall’articolo 3, comma 1, della Legge 104/1992: «con minorazioni stabilizzate o progressive». In secondo luogo va precisato che non è vero che non c’è concordia tra gli Stati circa la definizione di disabilità. Almeno per gli oltre duecento Stati che hanno sottoscritto la Convenzione ONU non c’è alcuna discordia, ma piena condivisione della definizione contenuta nella Convenzione stessa.

Quanto al fatto che inizialmente la discriminazione delle persone con disabilità non fosse contenuta nel testo originario del DDL Zan, e vi sia stato inserito successivamente – altra argomentazione sollevata nell’articolo –, ciò prova solo che, si è voluto cogliere l’occasione di  sottoporre a tutela penale le discriminazione di tutti i “diversi”, proprio per la logica di fratellanza che unisce tutti noi che veniamo considerati “diversi” ancora da tanta gente che ci vorrebbe isolati in scuole speciali, in contesti lavorativi speciali, in villaggi speciali, confinati nelle RSD (residenze sanitarie per disabili), in un modo separato. E se, fortunatamente, il numero di questi “ben pensanti” va riducendosi sempre più, è proprio grazie alle nostre iniziative e alle prese di posizione volte a contrastare tali politiche e a promuovere i diritti di eguaglianza di tutti “diversi”.

L’Autore ricorda a tutti che una norma che condanna “le discriminazioni” nei confronti delle persone con disabilità è inutile, poiché già esiste la Legge antidiscriminatoria n. 67/2006 proprio a tutela delle persone con disabilità. Peccato che l’Autore non abbia approfondito il contenuto della Legge 67/2006, se lo avesse fatto avrebbe immediatamente scoperto che essa prevede solo una tutela civilistica, che consiste in una condanna al solo risarcimento dei danni per le discriminazioni, mentre il DDL Zan prevede invece sanzioni penali contro le discriminazioni subite dalle persone con disabilità. È strano che nell’articolo non sia stato utilizzato un argomento molto più semplice, e cioè che l’art 36 della Legge 104/1992 prevede un aggravio di pena da un terzo alla metà per reati compiuti ai danni di persone con disabilità con riguardo  agli “atti osceni” (articolo 527 del Codice Penale), ai reati contro la persona (Libro Secondo, titolo 12° del Codice Penale), e a quelli contro il patrimonio (Titolo 13° del Codice Penale). Ma il fatto è che in queste norme non è espressamente previsto il reato di “discriminazione”, né, penso, potesse esserlo, dal momento che durante il fascismo, quando l’attuale Codice Penale fu emanato, le persone con disabilità erano chiuse negli istituti speciali, in quanto considerate persone sgradevoli che “turbavano l’ordine pubblico”, e come tali erano poste sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno.

E veniamo al “dulcis in fundo”, punto che l’articolo definisce «in cauda venenum» [locuzione latina il cui significato letterale è «Il veleno [è] nella coda», N.d.R.], a voler significare  che proprio questo è l’argomento principe del ragionamento, e cioè che noi persone con disabilità, se fossimo coerenti, più che occuparci di “banali discriminazioni” (mia surrettizia interpretazione), dovremmo  batterci contro la normativa sulla depenalizzazione del suicidio  assistito e contro l’aborto. A parte il tono lievemente beffardo (sempre secondo la mia interpretazione), queste materie che sono importanti, introdotte durante un dibattito sulle discriminazioni subite da noi persone con disabilità, sono un diversivo a mio avviso scorretto. Infatti altra sarebbe stata e sarebbe la sede per discutere di questi due grandissimi temi di bioetica. Da cattolico praticante non mi sento di giudicare aprioristicamente quanti scelgono il ricorso a questi istituti, poiché, se anche io personalmente non li condivido, tuttavia non ritengo di poter imporre le mie convinzioni a chi non ha la mia fede nel Dio della vita. Quanto al suicidio assistito, prima di giudicare bisognerebbe entrare nella disperazione di chi ricorre a tale rimedio per porre fine alle proprie sofferenze. Quanto all’aborto, la normativa venne varata sotto il trauma delle contaminazioni di diossina a Seveso (in provincia di Monza e Brianza) del 1976, e poi generalizzata dalla Legge 194 del ‘78. Anche qui, noi che siamo persone con disabilità sappiamo quanto ci costa quotidianamente lottare per ottenere una qualità di vita dignitosa e comunque non ci sentiamo di imporre a chi non ha la nostra forza di resilienza e di lotta la nostra scelta di vita e, per noi cattolici, la nostra scelta di fede.

Da cattolico mi permetto di chiedere ai miei fratelli e alle mie sorelle di fede di tenere sempre lo stesso atteggiamento pastorale di Papa Francesco che, riguardo all’omosessualità, ha avuto il coraggio di dire “chi sono io per giudicare?”. Sempre ai miei fratelli e alle mie sorelle di fede chiedo di sostenerci nelle lotte contro le discriminazioni, che sono ancora troppe in un mondo in cui il rispetto dell’eguaglianza fra tutti è ancora un’aspirazione di centinaia di milioni di diversi, tra i quali noi ci sentiamo di essere e di dover essere considerati.

 

Vedi anche:

Simona Lancioni, Le persone con disabilità sanno riconoscere i propri interessi senza che glieli indichi un’autorità terza, «Informare un’h», 9 luglio 2021.

O è uguaglianza per tutti e tutte oppure non lo è, «Informare un’h», 9 luglio 2021.

Il contrasto all’abilismo nel DDL Zan, «Informare un’h», 28 giugno 2021.

La FISH sostiene il DDL Zan per sanzionare i crimini d’odio contro le persone con disabilità, «Informare un’h», 24 maggio 2021

Simona Lancioni, Il Disegno di Legge Zan e le nostre responsabilità nelle vite degli altri, «Informare un’h», 2 maggio 2021.

Simona Lancioni, Le associazioni di persone con disabilità promuovano l’approvazione del DDL Zan, «Informare un’h», 21 aprile 2021.

La multidiscriminazione delle donne con disabilità. Kit informativo rivolto a donne con disabilità, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. Disponibile anche in linguaggio facile da leggere e da capire.

I diritti escono dall’armadio. Kit informativo rivolto a persone con disabilità LGBTQ+, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 11 Luglio 2021 da Simona