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Com’è stato possibile che l’amministrazione di sostegno sia divenuta un’arma intimidatoria?

di Sara Bonanno

Abbiamo riferito nei giorni scorsi la vicenda di Sara Bonanno e di suo figlio Simone, un giovane uomo con una grave disabilità. Da quasi due anni Bonanno, in qualità di amministratrice di sostegno di Simone, ha intrapreso un contenzioso con l’ASL Roma 2 per ottenere una maggiore continuità infermieristica e assistenziale per suo figlio. In risposta alle sue richieste l’ASL ha intrapreso, ad insaputa della stessa Bonanno, una procedura per chiedere la nomina di un amministratore di sostegno esterno allo scopo di poter istituzionalizzare coattivamente Simone. Ieri c’è stata l’udienza di nomina alla quale ha preso parte anche il legale della famiglia che è riuscito ad ottenere una nuova udienza domiciliare per il prossimo marzo. Ben volentieri diamo spazio a questo resoconto della stessa Bonanno. (S.L.)

Due mani si incontrano sotto una pioggia scrosciante.

Simone è un ragazzo di 27 anni con una condizione sanitaria intensiva e complessa.

Cosa significa? Che le sue condizioni non sono stabilizzate ma, purtroppo, in progressivo e spesso improvviso peggioramento, e che sono ulteriormente rese complesse da una serie di gravissime disabilità.

I LEA (livelli essenziali di assistenza), e le stesse indicazioni regionali, ovviamente riportati in più punti nei contratti di accreditamento con le ditte private che forniscono il servizio sanitario di ADI (assistenza domiciliare integrata), chiariscono, sulla base alle più moderne indicazioni sanitarie, che per curare persone in questa condizione è indispensabile una continuità assistenziale attraverso le medesime figure di riferimento.

Tanto più se, ad operare a domicilio, non è un’equipe multidisciplinare ma un infermiere esperto che deve essere in grado di prendere decisioni emergenziali che salvano la vita.

Questa premessa è necessaria per far comprendere che, anche se la ASL ha continuamente affermato che le mie richieste di rispetto della convenzione su questo punto sono “stramberie da caregiver”, io non ho mai chiesto alle istituzioni qualcosa che non fosse chiaramente previsto nella Legge e nei regolamenti che le stesse istituzioni si sono date.

Invece, da circa due anni, l’assistenza a mio figlio è stata erogata unicamente con “infermieri itineranti”.

Cosa intendo?

Infermieri che lavorano a Partita IVA con contratto a prestazione e che non sono nemmeno interessati ad una diversa contrattazione stabilizzata, perché il loro obiettivo lavorativo è un dignitoso contratto, meglio se pubblico, a tempo indeterminato. Ed hanno anche ragione: dei bravi professionisti meritano un’adeguata valorizzazione professionale ed economica.

Ecco, con questa considerazione ho appena fatto quello che la ASL mi ha rimproverato nella denuncia dove chiedeva la mia sostituzione come amministratrice di sostegno (AdS): mi sono “impicciata” di fatti che non mi riguardano.

Ed invece no, caspita, se mi riguardano e riguardano mio figlio Simone!

In un anno e mezzo ad assistere Simone sono transitati più di un centinaio di questi infermieri itineranti.

Provate ad immaginare cosa può significare, per una persona che soffre di dolore cronico neurologico e neuropatico, che non vede, che è immobilizzata al letto con frequenti crisi respiratorie ed epilettiche scatenate da situazioni improvvise, essere manipolato da continue mani estranee di persone che il più delle volte nemmeno tentano una relazione con lui, e che compiono, su quel povero corpo martoriato, manovre invasive come aspirazioni, svuotamenti, cateterismo ecc…

Dopo un’interlocuzione inizialmente collaborativa poi sempre più conflittuale, dove mi sono sempre sentita dire dalla ASL che non poteva intervenire presso le ditte private che non rispettavano le convenzioni stipulate. – Sottolineo questo punto perché farà saltare sulla sedia chiunque conosca un pochino il Decreto Legislativo 502/1992 che ha trasformato le USL in Aziende con poteri straordinari di controllo, vigilanza ed intervento diretto! – Dalla ASL mi è stato detto e ripetuto che l’unico intervento di sua competenza era ratificare un cambio della ditta accreditata, continuando a non far nulla se anche l’altra ditta non avesse rispettato la convenzione.

Di fatto mio figlio doveva vagare tra una ditta e l’altra, supplicando per avere un’assistenza UMANA e DIGNITOSA.

Cosa che per altro abbiamo anche fatto, e questo ha creato a Simone una devastante condizione di “reificazione”, tanto ben descritta da Basaglia ed anche dettagliata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a proposito delle condizioni di abuso grave verso le persone con estreme fragilità sanitarie e di disabilità.

Alla fine ci siamo rivolti al Giudice denunciando la ASL per negligenza e proponendo una soluzione adeguata alla dignità di Simone ed al suo diritto di essere assistito a domicilio, come previsto dai LEA.

Il giudizio, iniziato a dicembre, è in dirittura d’arrivo…e, guarda caso, è proprio in questo frangente che la ASL ha deciso di chiedere la mia sostituzione con un amministratore di sostegno esterno in modo da poter coattivamente istituzionalizzare Simone, strappandolo dal suo mondo, alla sua casa con giardino, ai suoi affetti, alle amicizie, alle sue abitudini e persino ai suoi vizi, per rinchiuderlo in un luogo segregante (si parla tanto oggi delle condizioni dei detenuti al 41bis: invito seriamente a fare dei paragoni con le condizioni segreganti delle persone rinchiuse nelle RSA o negli Hospice perché hanno commesso “l’unico reato” di essere gravemente malate o disabili).

Ma del resto, nelle condizioni di Simone, un qualsiasi ricovero sarebbe stato una condanna a morte. Infatti con tutta probabilità, non è in grado nemmeno di tollerare un trasporto: quando due anni fa abbiamo traslocato in questa casa, che dista dalla precedente meno di 5 minuti di autoambulanza, Simone è stato malissimo per due giorni e due notti.

Ieri all’udienza di nomina del nuovo amministratore di sostegno, scoperta per puro caso pochissimi giorni prima, il bravissimo avvocato di mio figlio, ha chiesto al Giudice Tutelare come mai aveva predisposto questa nuova nomina. Quindi ha semplicemente fatto notare che perfino nella denuncia della ASL nei miei confronti i presunti addebiti erano da attribuirsi al mio ruolo di caregiver familiare, mentre invece era lampante che nel ruolo di AdS, anche dalla narrazione della ASL, sono sempre stata ineccepibile.

Quindi cosa avrebbe potuto fare di diverso o meglio un altro AdS?

A quel punto è stato evidente che l’UNICA cosa che un altro AdS avrebbe potuto fare di diverso sarebbe stata l’istituzionalizzazione forzata di Simone.

L’unica cosa che, è vero, io non farò mai perché so con certezza che non è nella volontà di mio figlio.

L’avvocato di Simone ha chiesto ed ottenuto una nuova udienza domiciliare fissata per metà marzo, data per la quale, probabilmente, si sarà espresso anche il Tribunale del ricorso che ho intentato contro la ASL e che dovrebbe blindare Simone nei suoi diritti di essere umano e di cittadino LIBERO.

Ma io non voglio che questa situazione finisca qua.

Io chiedo a tutti, semplici cittadini, media ed organi politici di fare qualcosa perché non succeda più a nessun altro quello che è appena successo a me e Simone.

La Legge sull’Amministratore di Sostegno [la Legge 6/2004, N.d.R.] io l’ho vista nascere quando lavoravo come assistente sociale proprio all’ASL, all’interno di un Centro di Salute Mentale ed avevo a che fare spesso con interdizioni ed inabilitazioni.

Questa Legge è apparsa sin da subito, a noi professionisti, come la risposta alle tantissime richieste di dignità e rispetto verso le persone in condizioni estreme di fragilità.

Come ha potuto trasformarsi ed essere distorta in meno di 20 anni in un’arma intimidatoria e vessante per l’istituzionalizzazione forzata delle persone fragilissime come mio figlio? Com’è stato possibile?

 

Vedi anche:

È ora di mettere fine agli abusi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, «Informare un’h», 3 febbraio 2023.

Noi, non saremo complici: diversi Enti si schierano con Simone e sua madre, Sara Bonanno, «Informare un’h», 3 febbraio 2023.

Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.

 

Ultimo aggiornamento il 6 Febbraio 2023 da Simona