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Donne con disabilità e Fase 2 dell’emergenza

Nei giorni scorsi la FISH ha presentato un importante documento contenente una serie di misure e proposte per le persone con disabilità e le loro famiglie per la FASE 2 dell’emergenza COVID-19. Il centro Informare un’h ha analizzato il documento per capire se e come il tema del genere connesso alla disabilità fosse stato considerato. Dall’esame è emersa una certa distanza tra un’eccellente premessa e la sua contenuta declinazione in termini operativi. Da qui la richiesta, rivolta alla FISH, di integrare il suo documento di proposta quanto meno con qualche misura di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità.

 

Primo piano di una donna con i capelli sul viso.

Lo scorso 30 aprile la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha pubblicato un importante documento denominato “Emergenza COVID-19 FASE 2 – Misure e proposte per le persone con disabilità e le loro famiglie”. Come il titolo lascia intuire, si tratta di un testo nel quale la Federazione propone un’analisi precisa e circostanziata della difficile situazione che le persone con disabilità e le loro famiglie si apprestano ad affrontare nella cosiddetta “Fase 2 dell’emergenza COVID-19”, ed avanza puntuali e dettagliate proposte per fare in modo che i diritti ed i servizi essenziali rivolti alle persone con disabilità siano garantiti anche in questo periodo nel quale le restrizioni introdotte per contenere il contagio del virus sono state parzialmente allentate. Il testo si articola in una parte introduttiva ed in cinque linee di intervento: salute, diritto alla vita, abilitazione e riabilitazione; lavoro ed occupazione; politiche e servizi per la vita indipendente e l’inclusione nella società; inclusione scolastica e processi formativi; le regioni ed i territori.

Poiché il centro Informare un’h è molto attivo sul fronte delle politiche di genere legate alla disabilità, abbiamo analizzato il documento per capire se e come questo aspetto fosse stato considerato nel testo in questione. Le persone con disabilità e, più in generale, i gruppi soggetti a particolari fragilità (gruppi che di solito hanno minori risorse per fare fronte alle crisi) sono stati fortemente penalizzati dall’emergenza, e, tra essi, quelli esposti a discriminazione multipla (come, tra gli altri, quello delle donne con disabilità) stanno riportando un danno ancora maggiore.

Quale rilevanza è stata attribuita alle questioni di genere nel documento della FISH? Nella parte introduttiva agli aspetti del genere è riservata un’attenzione altissima, potremmo dire addirittura proporzionalmente dominante, le argomentazioni sono esposte con grande competenza ed occupano, da sole, circa la metà dell’intera introduzione. Vale la pena riportarle. «Il richiamo forte, chiaro e ineludibile all’eguaglianza e alle pari opportunità delle Persone con disabilità con il resto della popolazione, affermato dalla Convenzione ONU [sui diritti delle persone con disabilità, N.d.R.], impone di avere una nuova visione che riduca tutte le forme di diseguaglianza aggiuntive e tra queste, quelle di genere. Di fatto, fin dal preambolo, la Convenzione riconosce che le donne e le ragazze con disabilità corrono spesso maggiori rischi, all’interno e all’esterno dell’ambiente domestico, di violenze e abusi, di essere dimenticate, maltrattate e sfruttate, specie le donne che non sono in grado di autodeterminarsi. L’art. 6 è dedicato in modo specifico alle donne con disabilità e ribadisce che esse sono soggette a discriminazioni multiple e quindi vanno intraprese misure mirate al loro empowerment per assicurare il godimento di tutti i diritti umani. Le criticità sono relative all’istruzione e formazione di qualità per una maggiore autonomia, all’integrazione nel mondo del lavoro e inclusione digitale, all’accessibilità alle cure mediche e alle strutture nel settore della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi. L’emergenza sanitaria in corso sta avendo e avrà ripercussioni nei percorsi di emancipazione e pari opportunità di genere, rafforzando le disuguaglianze tra uomini e donne con maggior perdita di lavoro per le donne che tradizionalmente sono maggiormente impiegate nei servizi alla persona oppure, se impegnate in smart working, più esposte al rischio di sovraccarichi dovendo compensare la sospensione dei servizi di Welfare e potrebbero essere costrette a fare scelte difficili rinunciando alla professione e all’indipendenza economica. Pensiamo anche alle donne con disabilità che dovranno riprendere il lavoro senza sapere se i supporti a loro destinati saranno ancora presenti. Oltre all’indebolimento dei diritti, la politica di isolamento e di confinamento ha portato ad un aumento dei livelli di violenza domestica, sessuale e di genere ma dall’inizio della pandemia non è stato adottato nessun provvedimento o misura a protezione delle donne, tanto meno quelle con disabilità, segno di una grande disattenzione al tema dei diritti delle donne, al tema della violenza sulle donne, al tema degli effetti sui diritti delle donne di questa pandemia.» (grassetti nostri nella presente citazione ed in quelle successive).

Tuttavia, l’esame delle Linee di intervento evidenzia un atteggiamento diverso. Ritroviamo le donne con disabilità nella “Linea di intervento 2 – Lavoro ed occupazione”. Su questa materia è richiesta la revisione e l’attualizzazione delle politiche nazionali e regionali in tema di accesso e mantenimento al lavoro per le persone con disabilità «al fine di evitare che le persone con disabilità siano quelle più esposte, in questa delicatissima fase economica e sociale, alla perdita del lavoro, anche in ottica di contrasto a situazioni di discriminazione con particolare riferimento a casi di discriminazione multipla. Le donne con disabilità che lavorano nell’assistenza sanitaria, negli istituti residenziali o in altre strutture che forniscono servizi sociali, molte delle quali in ruoli di pulizia o di cucina, siano adeguatamente curate e protette di fronte a potenziali rischi di contagio. Bisogna offrire supporto per migliorare l’accesso alle informazioni, ai dispositivi di protezione individuale oltre a promuovere metodi di lavoro flessibili. Per questo occorre adottare misure utili a fornire un risarcimento diretto alle lavoratrici informali con disabilità, compreso il personale sanitario, il personale domestico, quello che lavora con i migranti e negli altri settori maggiormente colpiti dalla pandemia, in modo che possano continuare a generare reddito e mezzi di sussistenza. Per questo quindi occorre avviare un programma nazionale di monitoraggio dell’impatto dell’emergenza sulla condizione lavorativa delle persone con dati disaggregati per genere e disabilità. Viene fatto espresso riferimento alla condizione delle donne con disabilità e delle donne caregiver che in questa fase risultano essere tra i soggetti in assoluto più esposti ai rischi innanzi richiamati.» Nella stessa Linea di intervento la Federazione richiede di prevedere misure specifiche aggiuntive per i caregiver in ottica di conciliazione vita-cura-lavoro, ed anche di garantire loro procedure di accoglimento semplificate e più celeri delle domande di fruizione del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5 del Decreto Legislativo n. 151/2001. In questo caso non vi è un esplicito riferimento al genere, ma essendo i caregiver in larga maggioranza donne, è implicito che, se tali richieste venissero accolte, i maggiori benefici ricadrebbero sulla qualità della vita delle donne che svolgono tale ruolo.

Nella “Linea di intervento 4 – Inclusione scolastica e processi formativi” vi è attenzione al linguaggio (si parla infatti di alunne e alunni, studentesse e studenti con disabilità), ma non proposte specifiche di contrasto alla discriminazione di genere.

Degli aspetti toccati nell’eccellente introduzione, solo quello del lavoro ha trovato una declinazione operativa in proposte concrete. Il tema del lavoro ha certamente una rilevanza strategica, e, altrettanto certamente, alla luce delle ricadute sociali ed economiche dell’emergenza sanitaria, si pone con urgenza. Tuttavia, anche prevenire e contrastare violenze e abusi sulle donne e le ragazze con disabilità ha una connotazione di urgenza, ma questa istanza, anch’essa ben evidenziata nella parte introduttiva, non è stata tradotta in richieste specifiche.

Vi sono materie che riguardano tutti e tutte. Materie che, avendo una valenza trasversale, le Associazioni di persone con disabilità devono trattare in modo congiunto. Gli aspetti connessi alla discriminazione di genere rientrano a pieno titolo tra questi “temi trasversali”, e sono parte integrante e imprescindibile della Convenzione ONU. La FISH, soggetto di congiunzione, lo sa benissimo. Lo sa perché se non lo sapesse non avrebbe potuto scrivere quella premessa. Lo sa perché è stata tra i primi enti a ratificare il “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”. Lo sa perché nel Congresso tenutosi a maggio 2018 ha approvato a larghissima maggioranza una Mozione particolare su bambine, ragazze e donne con disabilità.  Lo sa perché, assieme all’associazione Differenza Donna, nel 2018-2019 ha condotto un’indagine per approfondire e portare alla luce il fenomeno della violenza sulle donne con disabilità (VERA – acronimo per Violence Emergence, Recognition and Awareness). Lo sa, però…

Non sappiamo spiegare il perché di quella distanza tra la premessa e la sua contenuta declinazione in termini operativi. Ma poiché consideriamo che sia abbastanza improbabile che siano le Istituzioni a prendere iniziative specifiche rivolte alle donne con disabilità, chiediamo alla FISH di integrare il suo documento di proposta per la Fase 2 quanto meno con qualche misura di contrasto alla violenza di genere. La rete D.i.Re. (Donne in Rete contro la violenza) ha reso noto che nel periodo di emergenza coronavirus le richieste di aiuto da parte delle donne che subiscono violenza sono cresciute del 74,5 per cento. Ora, se consideriamo che i pochi dati disponibili ci dicono che le donne con disabilità sono esposte a violenza più delle altre donne, è inverosimile ritenere che in situazioni di maggiore isolamento e restrizioni anche le violenze nei loro confronti non siano aumentate. Pertanto, una prima richiesta potrebbe essere quella di chiedere alle Istituzioni di avviare una campagna informativa rivolta alla popolazione che denunci il fenomeno, che faccia esplicito riferimento anche alle donne con disabilità, e che sia realizzata in diversi formati e supporti, in modo da risultare accessibile a tutte le donne con disabilità. Una seconda richiesta potrebbe essere quella di chiedere alle Istituzioni di finanziare adeguatamente i centri antiviolenza, infatti essi non possono dare risposte adeguate se non dispongono dei mezzi per farlo. Una terza richiesta consiste nel chiedere alle Istituzioni di redigere una nota dispositiva rivolta a tutti gli snodi della rete antiviolenza segnalando l’acuirsi del fenomeno della violenza di genere nel periodo della pandemia, e chiedendo loro di predisporsi in modo che i servizi antiviolenza siano visibili, accessibili e attivabili anche da donne con disabilità diverse, trovando modalità di fruizione compatibili con le restrizioni ancora attive nella Fase 2 (eventualmente facendosi supportare, a tal fine, dalle Associazioni di persone con disabilità presenti sul territorio; segnaliamo, a titolo esemplificativo, lo “Sportello CHIAMA chiAMA” inaugurato in questi giorni a Bologna).

È evidente che queste prime richieste toccano solo aspetti molto circoscritti della risposta che dovrebbe essere data al fenomeno della violenza nei confronti delle donne con disabilità. Abbiamo cercato di avanzare poche proposte compatibili con la situazione attuale. La FISH può scegliere se farsene portavoce, o elaborarne di diverse. Ma pensiamo che qualcosa su questa materia debba essere quanto meno proposta, perché il contrasto alla violenza è urgente quanto gli interventi prospettati in tema di lavoro, in alcuni casi di più.

Simona Lancioni
Responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (PI)

 

Aggiornamento alle 16,00 del 7 maggio 2020

Il centro Informare un’h è stato raggiunto telefonicamente da Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH. Una telefonata molto cordiale nel quale il presidente ha sottolineato che il documento assunto ad analisi è un documento in lavorazione progressiva, che all’interno della FISH esiste un Gruppo Donne che ultimamente, per problemi interni, non ha avuto modo di essere operativo, ma lo diventerà presto portando il proprio contributo e le proprie proposte, e che queste saranno certamente integrate nel documento in questione.
Come centro non possiamo che apprezzare la disponibilità al confronto dimostrata. Per correttezza specifichiamo che l’analisi proposta dal nostro centro è stata elaborata nella convinzione che quel documento fosse definitivo, ce ne scusiamo. Ci impegniamo pertanto a seguire gli sviluppi, e, con piacere, daremo conto delle novità che verranno introdotte. (Simona Lancioni)

 

Vedi anche:

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Data di creazione: 6 maggio 2020

Ultimo aggiornamento il 7 Maggio 2020 da Simona