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L’esponibilità dei corpi femminili e la pubblicità che chiede scusa

Un libro (“Il visibile e l’invisibile”) ed una clip (“An Adpology”) per parlare in chiave critica, ma con registri differenti, dei corpi femminili, della loro esponibilità e dei modelli ingannevoli che continuano ad essere offerti alle donne.

 

La copertina dell’opera “Il visibile e l’invisibile. Studi sull’esponibilità dei corpi femminili”.
La copertina dell’opera “Il visibile e l’invisibile. Studi sull’esponibilità dei corpi femminili”.

Il visibile e l’invisibile. Studi sull’esponibilità dei corpi femminili” (Aracne, aprile 2018) è un’opera collettiva a cura di Lavinia D’Errico, dottorato di ricerca in Scienze filosofiche presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Napoli Federico II, e Alessandra M. Straniero, assegnista di ricerca in Pedagogia speciale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria, entrambe componenti del comitato esecutivo del CeRC – Centre for Governmentality and Disability Studies “Robert Castel” dell’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”.  

Oltre all’introduzione, il piccolo volume (125 pagine) si compone di cinque saggi brevi tesi ad indagare il fenomeno per cui nell’epoca nella quale ad ogni individuo è richiesta un’iper-esposizione del corpo e del sé, ai corpi che non rispettano i canoni di legittimità socialmente definiti è invece richiesto di rimanere nell’ombra. Nello specifico l’opera centra la propria attenzione sul corpo femminile rilevando l’invisibilità imposta al corpo della donna con disabilità, l’occultamento della soggettività della lavoratrice di cura, l’inadeguato ingombro del corpo obeso, la conquista del ruolo materno e dell’indipendenza da parte di una donna in sedia a rotelle, e l’ipervisibilità del corpo di Rosanna Benzi, pur essendo questo sottratto alla vista dal polmone d’acciaio.

Nel primo saggio, Maria Giulia Bernardini, assegnista di ricerca in Filosofia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, osserva come i «corpi muti» delle donne con disabilità siano stati ignorati anche dal pensiero femminista, pur avendo, quest’ultimo, utilizzato la disabilità come metafora dell’oppressione femminile. La sua riflessione, che assume come riferimento le elaborazioni prodotte nell’ambito dei Feminist Disability Studies (FDS), mira a individuare le similitudini e le divergenze tra le forme di oppressione che hanno interessato le donne e quelle subite dalle persone con disabilità, e ad interrogarsi sulle ragioni del silenzio del femminismo sul corpo disabile. La critica degli FDS si rivolge anche ai Disability Studies (DS) che, avendo assunto come unico modello di riferimento il modello sociale di disabilità, hanno, di fatto, escluso il corpo dalla propria riflessione. La marcata valenza critica degli FDS, e le sue riflessioni sui concetti di materialità corporea e di vulnerabilità (quest’ultima riletta in chiave universalistica), contribuiscono ad arricchire il dibattito filosofico, politico e giuridico contemporaneo su questi temi.  

Il contributo di Laura Marzi, dottorato di ricerca in Studi di genere e letterature comparate presso l’Università di Parigi 8 Vincennes – Saint Denis, mette in luce come l’invisibilità sia una caratteristica richiesta alla lavoratrice di cura. Più la care-worker saprà annullarsi, più il suo lavoro sarà apprezzato dalle persone destinatarie delle sue cure (care receiver). Diversi studi mostrano l’esistenza di un complesso meccanismo che permette alle classi sociali privilegiate di ignorare le reali condizioni di coloro che prestano servizio nelle loro dimore, poiché tale conoscenza potrebbe infastidirle, ed impedire loro di continuare a godere indisturbate dei propri privilegi. La narrazione letteraria del lavoro e delle relazioni di cura potrebbe contribuire a dare visibilità a queste lavoratrici.

Se nella nostra epoca avere una disabilità non è comunemente considerato motivo di colpa, lo stesso non può dirsi delle persone grasse e obese, la cui forma corporea è interpretata come espressione di mancanza di autodisciplina, autocontrollo, ambizione, perseveranza e forza di volontà. Le persone grasse e obese sono considerate direttamente responsabili della propria condizione. Lo sottolinea con chiarezza Alessandra M. Straniero, che evidenzia anche come l’obesità sia «una malattia di classe, che colpisce più frequentemente individui appartenenti a fasce socio-economiche basse». Il corpo grasso e obeso è un corpo ipervisibile, ma tale visibilità, diversamente da quanto accade per i corpi legittimi, ha una connotazione negativa. I saggio descrive un sistema rigidamente prescrittivo nel quale non sembra esserci spazio per la scelta individuale.

Gli ultimi due contributi inclusi nel volume sono due storie di vita. Quella narrata in prima persona da Rosaria Duraccio, laureata in Sociologia presso l’Università di Napoli Federico II, membro di ENIL Italia (European Network on Independent Living,) e donna interessata da SMA (atrofia muscolare spinale), che ha dovuto superare diversi ostacoli per realizzare il suo progetto di vita indipendente e divenire madre, senza che, tuttavia, questo ruolo divenisse totalizzante. Scrive, infatti, «Nel periodo iniziale della loro infanzia i figli sono stati la mia priorità. Tutto ha ruotato intorno a loro. Il mio impegno quotidiano è stato di organizzare il lavoro delle Assistenti che mi aiutavano durante il giorno, quando mio marito era impegnato per lavoro. Oggi, che a loro volta i bambini sono diventati più autonomi, mi dedico alla promozione del diritto a una vita indipendente per tutte le perone con disabilità.»

L’altra storia di vita ripresa nell’opera è quella di Rosanna Benzi (1948 – 1991), scrittrice e attivista dei diritti degli handicappati (ai suoi tempi le persone con disabilità le chiamavano così), che, a causa degli esiti di una poliomielite, visse per ventinove anni in un polmone d’acciaio. Interamente nascosto allo sguardo, con la sola eccezione della testa, il corpo di Benzi, amplificato dalla macchina per respirare e dalla sua personalità carismatica, divenne paradossalmente ipervisibile. Il ritratto offerto da Lavinia D’Errico mostra tutta l’attualità delle rivendicazioni di questa donna che, precorrendo tempi, includevano anche il diritto all’affettività e alla sessualità per le donne disabili. Nella sua opera più nota, Il vizio di vivere (Rusconi, 1984), Benzi si esprimeva così: «Bisognerà imparare a trattare l’handicappato come una persona capace di sentire, di amare e di dare tanto da poter credere che qualcuno lo possa riamare, desiderare, sia fisicamente che spiritualmente. Non ho mai dubitato, nemmeno per un istante, che amare un uomo ed essere riamata fosse un mio diritto, com’è diritto di ogni donna. Ma prima di gridarlo, quanta paura di essere fraintesa, di sembrare ridicola o, ancora peggio, illusa. Quindici o vent’anni fa non ero certa che tutti capissero, che tutti vedessero la fantasia anziché la follia; il sentimento anziché la perversione; l’amore anziché il peccato. Essere handicappati è anche uno stato d’animo. Se si ritiene che io sia handicappata perché non riesco a muovermi e parlo guardando in uno specchio, allora posso dirmi d’accordo. Ma se si crede che mi senta meno di un altro, dico che la mia immobilità non basta a farmi perdere per strada le chances che mi sono concesse. Ci sono voluti anni per capirlo, ma ora lo so.»

Perché ad alcuni corpi è richiesto di mostrarsi mentre ad altri è richiesto di rimanere nell’ombra?  E dove si colloca la linea di demarcazione tra l’esponibilità di un corpo e la richiesta del suo occultamento? Chi volesse provare a rispondere a queste domande può trovare nel piccolo volume “Il visibile e l’invisibile” interessanti spunti critici.

Il tema del corpo femminile e della sua esponibilità può essere affrontato anche utilizzando l’immediatezza dell’immagine e la forza dirompente dell’ironia. È questa la modalità espressiva scelta dalla regista inglese Tiny Bullet che ha realizzato per Thomas Thomas Films la clip “An Adpology” (a questo link è disponibile la versione sottotitolata in italiano dall’Istituto Comprensivo «Taddeo Cossu»). Clip divulgata lo scorso marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna. Nel breve filmato (1.05 minuti) la pubblicità si scusa con le donne per averle rappresentate in modo sbagliato ed ingannevole, e per aver suggerito loro cosa fare, come essere, cosa mangiare… «Scusa se la pubblicità ti ha suggerito di andare sui pattini a rotelle durante il ciclo, e che solo certi corpi sono pronti per la spiaggia. Scusa se abbiamo rasato gambe già rasate, e se abbiamo suggerito che mangiare uno yogurt sia il culmine della tua giornata. Scusa se abbiamo utilizzato una donna con la 40 in una pubblicità per taglie forti, e se nella pubblicità la mamma non è mai il genitore simpatico. Alle donne con più di 50 anni: scusate se vi abbiamo fatto interpretare da donne che ne hanno 35. Scusa se non ti abbiamo mai dato utensili elettrici, biancheria comoda, o la battuta finale. Scusa se in una pubblicità non hai mai visto nessuna che ti somigli, e soprattutto, scusa se la pubblicità ti ha fatto credere di non essere all’altezza. Lo sei!»

Un fotogramma tratto dalla clip “An Adpology” nel quale sono rappresentate tante donne diverse per caratteristiche corporee, età, colore della pelle, etnia, personalità, ecc., forse lontane dall’idea di perfezione, ma attinenti alla realtà.
Un fotogramma tratto dalla clip “An Adpology” nel quale sono rappresentate tante donne diverse per caratteristiche corporee, età, colore della pelle, etnia, personalità, ecc.

Tra le donne rappresentate – tutte diverse per caratteristiche corporee, età, colore della pelle, etnia, personalità, ecc. – anche qualche donna con disabilità.

Alla fine la quesitone è abbastanza semplice: se la società (non solo la pubblicità) continua a proporre modelli femminili ai quali le donne non possono o non vogliono aderire, non sono le donne quelle sbagliate, è la società che deve cambiare e disporsi ad accogliere tutte le diversità.

Simona Lancioni
Responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (PI)

 

Leggi anche:
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento: 17 maggio 2018

Ultimo aggiornamento il 21 Marzo 2019 da Simona