Menu Chiudi

Seconda testimonianza

Espone Elisabetta Gasparini (una persona con disabilità che sta realizzando un progetto di Vita Indipendente)

Elisabetta Gasparini

Grazie ad Enrico. Adesso in scaletta ci sono io.

Vi racconto la mia esperienza. Nel ’98 non sapevo assolutamente nulla di Vita Indipendente. Mi ha chiamato un assistente sociale, per caso, solo perché mio amico, e mi ha detto: “c’è un progetto della Comunità europea, un corso di formazione per persone con disabilità”. Ho risposto “mi sono sposata a 18 anni, sono uscita da casa molto giovane, ho viaggiato per tutto l’Oriente, mi sono laureata in lingue orientali, ne ho combinate di cotte e di crude per tutta la mia vita, credevo di sapere cosa fosse l’indipendenza. E invece no! In questa accezione non lo sapevo proprio per niente”. Per tenere questo corso di formazione sono venuti gli svedesi, quelli di STIL di cui si parlava prima, e sono stati loro a farci vedere molto rapidamente come funzionano le cose. Poi siamo andati a Stoccolma per studiare il loro modello. Io mi sono innamorata subito di questa idea e ho deciso che il resto della mia vita sarà dedicato a portare l’assistenza personale a più persone con disabilità possibili, di qualunque tipo, con qualunque disabilità, in qualunque posto. E lo faccio gratis. Mi piace. E’ diventato un senso per la vita.

A Venezia siamo stati fortunati perché c’era Roberto Bressanello che aveva spianato la strada, lui è stato il primo ad avere dal Comune di Venezia un finanziamento per la sua persona perché aveva rotto talmente tanto le scatole, in talmente tanti modi – intelligenti e anche meno intelligenti –, si era piazzato lì e aveva detto: “io voglio l’assistenza personale!” Alla fine hanno ceduto. Ha trovato una funzionaria molto intelligente che c’è ancora – che si chiama dott.ssa Corsi – che ha detto: “va bene, proviamo!” Poi siamo arrivati noi, e noi eravamo i trenta che avevano fatto quel corso europeo. Di questi trenta una decina di noi era motivata, siamo andati a fare le nostre proposte. Io ho tradotto dall’inglese tutto quello che ho potuto su questo argomento e abbiamo convinto chi ha voluto ascoltare, all’Assessorato alle politiche sociali. La dottoressa Corsi ha detto “sì”, ha detto “va bene, proviamo”, ha reperito le risorse. A Venezia siamo ricchi, il Comune è ricco, c’era il casinò, e qualche cosa è venuto fuori. Il numero di utenti del servizio di assistenza personale progressivamente è aumentato negli anni successivi. Abbiamo scoperto che anche a Verona si facevano sperimentazioni di questo tipo, altre persone, altra gente: ci siamo messi in contatto. Siamo grandi amici tuttora e operiamo insieme. Abbiamo costituito un Coordinamento regionale per la Vita Indipendente che non ha né statuto, né associazioni, né tesserine, né iscrizioni, ma è formato solo da persone che vogliono l’assistenza personale. Una fatica enorme, non tanto perché sia difficile convincere le persone della bontà di questo principio, ma perché queste persone sono disilluse. Non hanno coraggio di farsi avanti perché hanno sempre avuto risposte negative. Hanno poco, hanno ottenuto poco. Spesso, quando si sono rivolte ai servizi, questi gli sono stati negati… alla fine si sono scoraggiate. Famiglie che sono assolutamente decise a restare inoperative perché tanto non c’è niente da fare e si sobbarcano tutti gli oneri. Persone con disabilità che sono troppo gravi per manifestare in strada, perché hanno delle situazioni fisiche che sono pesanti. Poi noi abbiamo una città difficilissima, inaccessibile, con problemi di tutti i tipi. Mettere insieme la gente è una cosa difficile, però solo l’unione ha fatto la forza. Di fatto la grande svolta l’abbiamo fatta in due tempi. Nel 2003 quando per la prima volta abbiamo convinto il Palazzo della Regione – cioè la politica – a stanziare il primo finanziamento per la Vita Indipendente, siamo andati a Palazzo Ferro Fini, che è la sede della Regione Veneto ed è un palazzo sul Canal Grande, a Venezia centro storico, via Ventidue marzo, non si può arrivare senza fare i ponti… Abbiamo affittato un vaporetto, alcuni di noi sono venuti con questo vaporetto – e costa tanto, vi assicuro -, altri sono venuti con barche di trasporto speciale del servizio del Comune con pedane, altri sono venuti con i vaporetti di linea. I vaporetti di linea caricano due carrozzine a corsa, per cui ne abbiamo portato più di cinquanta con il sevizio di linea: vi lascio immaginare quanto tempo ci abbiamo messo. Sono venuti gli assistenti per aiutarci a fare i ponti, ci hanno aiutato anche i gondolieri, ma abbiamo occupato il Palazzo della Regione e questo è stato significativo in quel momento perché il terreno era fertile, gli incontri “preparatori” erano già stati buoni. Anche se non è stata quella l’azione decisiva, ma sicuramente la visibilità ha contribuito in una maniera eccezionale a “spostare una cosa da qui a lì”. “Mettiamo un milione di euro per questo, questo o questo o lo mettiamo lì?” Lo hanno messo lì. Hanno provato. Poi il gioco è stato più semplice perché abbiamo, con umiltà, fatto finta che il merito fosse loro, che il merito fosse della Regione, delle Aziende sanitarie che avevano organizzato e strutturato questo servizio così carino, così utile, così desiderato. Quindi il servizio di assistenza personale per la Vita Indipendente è stato finanziato. E’ stato possibile presentare le domande. E’ stato però controproducente il fatto che molte persone hanno presentato domanda anche essendo poco informate. Però i grandi numeri hanno fatto la differenza.

Adesso abbiamo un tetto massimo che è bassetto: 12.000 euro annui, che è il tetto massimo del finanziamento regionale, integrabili, in caso di situazioni particolarmente gravi, dai Comuni. Però ci sono quasi mille persone che hanno questo finanziamento, che non sono poche. Non sono trenta, sono mille! Qualcuno è consapevole, qualcun’altro no, qualcuno rendiconta male, qualcuno non ce la fa, altri hanno difficoltà perché ci sono sempre ritardi nei pagamenti,  purtroppo ci sono enormi ritardi nei pagamenti, quindi bisogna anticipare … Ma la maggior parte sono soddisfatti, e, comunque, i grandi numeri hanno avuto il loro peso.

Tutto è tornato in gioco quest’anno, tutto da ricominciare. Hanno istituito il fondo per la non autosufficienza regionale. Il fatto che abbiano cambiato i criteri amministrativi comporta che la battaglia vada portata avanti in modo diverso. Cose complesse e difficili e, oltretutto, segnate da percorsi molto diversi da una città all’altra. Le differenze più grandi le hanno fatte i criteri di graduatoria molto diversi tra loro e sono stati istituiti perché i soldi non bastano per tutti. Il problema si è posto in questi termini: accettare tutte le domande e finanziare solo i primi delle graduatorie, oppure dare continuità ai progetti che erano già partiti e aggiungerne di altri sulla base delle risorse disponibili. Noi sosteniamo che sia assolutamente necessario dare garanzia di continuità ad un progetto di assistenza personale, bisogna che gli assistenti abbiano la garanzia del proprio lavoro e che la persona che si costruisce la vita con l’assistenza non resti senza di punto in bianco perché l’anno dopo la Finanziaria non prevede il capitolo… una cosa inaccettabile. In altri posti ci sono stati dei problemi invece perché la democraticità delle Aziende sanitarie ha deciso che, giustamente, bisognava dare il servizio a tutti. Allora cosa succede: che quest’anno siamo in dieci ad avere mille euro a testa al mese, il prossimo anno siamo in trenta e ce ne capitano trecento. E gli assistenti dove vanno? Allora baruffe …

Noi siamo andati a chiedere che i criteri di graduatoria fossero concepiti meglio. Che fossero subordinati alla gravità funzionale – per esempio -, allo stato di necessità, alla vera non autosufficienza, alla volontà espressa di avere questo servizio, non all’ISEE, alla qualità della casa, alla composizione del nucleo familiare, quanti metri quadrati è la tua camera da letto, e che numero hai di scarpe… Sarebbe semplice, ma questo aspetto non è gestito nello stesso modo dappertutto. Nel 2004 abbiamo fatto con la Regione un gruppo di lavoro a nomina… sempre gratis… una riunione la settimana, sempre gratis…. io prendo il ferry boat (abito in un’isola)… loro sono pagati moltissimo, noi no, neanche un po’, neanche i rimborsi per il viaggio. E finalmente sono venute fuori delle linee guida che comunque rispettano abbastanza i principi di Vita Indipendente. Ci sono molti compromessi, comunque li rispettano abbastanza.

Sul discorso delle rendicontazioni sono nate, nella nostra Regione, delle discussioni spaventose e, noi che siamo del Movimento per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, siamo assolutamente, tassativamente, sostenitori di una rendicontazione corretta e a norma di legge. “Hai bisogno di un assistente? Ti do i soldi per prenderlo, lo assumi, gli fai un contratto e mi rendiconti la spesa.” Altrimenti va a finire che l’Ente pubblico stanzia dei soldi a favore del lavoro nero, o, peggio ancora, che qualcuno se li metta in tasca o li spenda per altri motivi.

Il grosso punto critico del Veneto è stato che in questa trattativa per le linee guida abbiamo escluso la possibilità dell’assunzione dei parenti. Non perché in teoria non possa essere una cosa anche giusta. Nel Nord Europa sconsigliano questa pratica, la fa pochissima gente, però non è proibita. Il principio non  è sbagliato, ma la realtà è molto più complessa, perché per liberare le persone e le famiglie è assolutamente necessario che le figure siano diverse. Non possiamo andare da un servizio sociale e dire “beh, noi veramente … la mamma, il papà, lo zio, non ce la facciamo più, abbiamo il carico di questa persona … una cosa terribile…” Tin!… Ti arrivano mille euro al mese ed il carico è sparito… non si può: o hai pianto per niente prima, o sei stanco anche con mille euro. Cosa stiamo risolvendo così? La persona con disabilità non è libera. Non è libera per le ragioni che ha detto Ida e per tutte le ragioni esaminate fin qui. Quindi abbiamo detto no all’assunzione dei parenti, soprattutto se conviventi, e a qualcuno non è andato bene. C’è sempre chi rema contro! Anche alcune associazioni hanno detto: no, ma, però, no, ma, così… poi, ad un certo punto, c’è stato un assessore che ha ricevuto per sei mesi così tante pressioni in questo senso che ha deciso di introdurre questa possibilità in una delibera. Questa possibilità era considerata solo per casi particolari. Ora: noi presentiamo una domanda, esprimiamo delle cose, chiediamo un monte ore di assistenza. Questa domanda, che è un modulo, finisce in UVMD (che è l’Unità valutativa multi-disciplinare) che deve decidere se dire si o se dire no al finanziamento e per quale importo. Spesse volte in UVMD la persona disabile non è presente, quindi non c’è contraddittorio. Spesse volte non sei molto conosciuto, o, se sei conosciuto, lo sei dalle carte. Tutti abbiamo gli stessi requisiti – che sono la gravità, il 100% di invalidità ecc. ecc. -, e quindi rientriamo nei criteri di accesso, tutti dovremmo avere diritto all’assistenza alla persona, però la valutazione sulla persona è diversa da un posto all’altro e risulta essere discrezionale. Ora quelle UVMD che già erano incasinate prima, e operavano abbastanza male perché non avevano il “peso della situazione”, spesso sono composte anche da tecnici, o da medici che non hanno esperienza in materia di disabilità. Quelle UVMD sono le stesse che devono decidere in quale caso particolare è possibile assumere un parente. Tutte le persone con disabilità hanno un parente. Tutte! Che sia mamma, zio, cugino, ecc. ecc. E tutte le persone con disabilità – teoricamente – per mille euro al mese potrebbero assumere un parente, perché no? Uno ha la motivazione che il marito ha smesso di lavorare, l’altro ha la motivazione che la mamma ha rinunciato alla propria vita per…, l’altro perché è giusto dare un senso al lavoro delle persone che ci sono vicine… quello che volete, però se tutte le persone disabili assumono un parente allora diamo un bonus alla famiglia e non parliamo più di Vita Indipendente. Queste purtroppo sono considerazioni basate sulla realtà. In questo modo non ce la facciamo.

Per concludere io vorrei ribadire che il ruolo e la figura dell’assistente personale devono essere finalizzate all’aiuto della persona in stato di necessità e alla realizzazione della sua Vita Indipendente. Quindi quando la persona con disabilità ha delle difficoltà ad intraprendere questo percorso le diamo una mano a capire di cosa ha bisogno e la aiutiamo. Lo facciamo come movimento per la Vita Indipendente. E’ un aiuto porta a porta, al telefono, per e-mail, in tutti i modi. Poi, se la persona ritiene che l’assistenza autogestita non sia adatta alle proprie necessità può ritornare all’assistenza tradizionale e lasciare il posto ad altri. Piccola considerazione personale. Io sono arrivata alla disabilità da grande, perché ho una distrofia muscolare progressiva e la mia non autosufficienza è cominciata da poco, da una decina di anni. Da quando ho smesso di alzarmi da sola dalle sedie l’assistenza personale è entrata nella mia vita. Non ho perso un punto dalla mia vita di prima, anche se non faccio più niente da sola. Per me non è semplicemente qualcosa che fa bene alla vita, è qualcosa senza la quale la mia vita non sarebbe possibile. Sarei un’altra persona. Non avrei le stesse opportunità che ho adesso. Non ci sarebbe nessuna cosa che potrei fare io come Elisabetta, ma tutto sarebbe il frutto di una mediazione con la realtà e con le persone che sono vicine. E’ talmente importante questo strumento che anche se qualcuno ha incontrato difficoltà che lo hanno indotto a scoraggiarsi, invito le persone con disabilità a presentarsi, a chiedere, perché solo una fortissima pressione dal basso può muovere le cose in materia di servizi sociali.

Intervento dal pubblico: quando mia figlia è nata, a Sedino (provincia di Campobasso), noi siamo del Molise, e sono andata reclamando che questa figliola aveva dei problemi, i dottori mi dicevano che la bimba stava bene. Quando poi ho capito che non era la verità, perché abbiamo girato un po’, e ho fatto domanda per avere il sussidio che le toccava mi è stato detto: “signora, la figliola l’ha fatta lei e vuole che l’assistiamo noi?” Ecco la risposta che mi hanno dato.

Elisabetta Gasparini

Sì, ma non si deve fermare se trova dei cretini!

Intervento dal pubblico: se mia figlia ha i problemi che ha è per colpa dei dottori, dunque può immaginare quanto ho lottato, e quanto ho girato per sapere la realtà perché mi dicevano tutti che stava bene.

Elisabetta Gasparini

Non si scoraggi perché purtroppo è così da tantissime parti. E’ che noi siamo invisibili perché non andiamo in piazza, perché siamo nascosti dentro casa, perché le difficoltà sono oggettive e quelli che si muovono sono pochi. Però bisogna provarci perché così le istituzioni non possono avere la scusa di dire “noi non sappiamo, non abbiamo visto, ma lei non è mai venuta”. Se non partiamo non arriviamo.

Intervento dal pubblico: ho una domanda per Enrico Lombardi: “te hai parlato di sperimentazione che poi è stata prorogata e tutto, ma non ho capito in questo momento qual è la situazione?”

Enrico Lombardi

In questo momento siamo alla fine di questo percorso. Si spera di essere alla fine di questo percorso di sperimentazione. Stiamo aspettando il regolamento che è collegato alla Legge della Regione Toscana 66/2008 che ha istituito il Fondo regionale per la non autosufficienza. La Vita Indipendente è stata inserita all’interno della Legge e quindi dovrebbe beneficiare dei fondi in questione. Stiamo aspettando che ci sia questa regolamentazione dove – appunto – dovranno essere fissate le modalità a cui faceva cenno Elisabetta. Chi entra, con quale contributo… perché le risorse sono limitate e – spiegava l’assessore regionale in un colloquio di qualche settimana fa – bisognerà trovare dei criteri equi e giusti. Lo stesso concetto di gravità dell’handicap ormai è superato perché c’è gravità e gravità, perché bisogna vedere la situazione. E quindi siamo in una fase in cui sicuramente la sperimentazione finirà, e mi sembra anche giusto. Come accennato c’erano già delle perplessità sul fatto di dover fare una sperimentazione dopo che si era già fatta in altre parti d’Italia, addirittura a Firenze ci sono progetti di Vita Indipendente approvati da un bel po’ di tempo (mi pare dal 2000) e Firenze è in Toscana. Che bisogno c’era dunque della sperimentazione? Tra tutte le cose negative, a parte che è servita a me, è servita anche perché, almeno a Livorno, vedo che la gente nel momento in cui ha visto qualcosa di concreto (soldi) ha cominciato a presentare le richieste. Non so che tipo di domande siano state fatte, se siano un miscuglio oppure no. In questo momento siamo in attesa di un regolamento da parte della Regione Toscana, poi bisognerà vedere come verrà recepito a livello di territorio, Aziende USL e Comuni. Come diceva Dino, niente proibisce ai Comuni di muoversi su questo fronte. Nessuno vieta ai Comuni di fare servizi di Vita Indipendente anche in questo momento. Siamo in attesa… anche dei soldi… io è da marzo che non ricevo niente e devo anticipare di tasca mia. C’è anche questo problema, che non è da poco, di dover anticipare cifre che non sono proprio “noccioline” (come si dice a Livorno).

Intervento dal pubblico: sul manifesto per la Vita Indipendente si parla anche di ausili ma io vedo che questo argomento non è stato toccato. Non avete parlato della procedura per ottenerli. State facendo qualcosa come movimento per cambiare questa procedura?

Dino Barlaam

La situazione è che i nuovi LEA (livelli essenziali di assistenza) sanitari non hanno ancora avuto una definizione. All’interno di questi livelli essenziali delle prestazioni sanitarie c’è anche l’approvazione del nuovo nomenclatore tariffario, ossia l’elenco dei prodotti che possono essere forniti come ausili in convenzione (e dunque che non debbono essere pagati dalle persone con disabilità). Purtroppo qui scontiamo una situazione un po’ pesante, nel senso che i produttori di ausili richiedono sempre prestazioni e oneri aggiuntivi e le persone con disabilità chiedono che vengano inseriti all’interno di questo nomenclatore nuovi prodotti. Questo perché il nomenclatore non è aggiornato da parecchi anni e nel frattempo sono usciti nuovi prodotti, con costi superiori, che però non vengono forniti. A livello nazionale mi pare che di questo si stia occupando la FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), ma per ora la situazione non si è ancora sbloccata. Ovviamente il Governo fa resistenza – come tutti i Governi, non è una questione del momento – perché un rinnovo del nomenclatore richiederà il reperimento di nuove risorse visto che se ci sono degli ausili che costano di più poi bisogna essere in grado anche di sostenere la spesa. Con il dissesto di alcune Regioni, tra le quali la mia (il Lazio), che sono commissariate per l’eccessivo debito, c’è un gioco delle parti per cui non ci sono i soldi e la sanità è andata fuori spesa. Rispetto alla questione degli ausili noi, come Movimento, non l’abbiamo seguita in maniera decisa, almeno a livello nazionale, nel senso che a livello nazionale in tutte le Regioni gli ausili in massima parte vengono forniti. Ci siamo concentrati sulla questione assistenziale in quanto abbiamo numerose Regioni (come, ad esempio, il Molise o la stessa Toscana) che sono sprovviste di tali servizi. E’ ovvio che per raggiungere l’obiettivo della Vita Indipendente è necessario l’apporto di diversi elementi, tra i quali – soprattutto per quanto riguarda le persone non autosufficienti – anche l’ausilio tecnologico. Però mentre questo – anche se un po’ vecchio – c’è, l’assistenza personale è assente e l’ausilio tecnologico non può sopperire a tutte le questioni che sono relative alla vita quotidiana. Per questo motivo, da diversi anni, come Movimento, ci siamo concentrati su questo aspetto anche per contrastare il facile ricorso all’istituzionalizzazione. Infatti le persone più gravi molto spesso, e molto facilmente, si vedevano proporre come soluzione quella del ricovero in istituto o, in quelle che io considero le nuove forme di segregazione gentile che sono le case famiglia. Noi pertanto ci siamo concentrati su questo aspetto, fatto salvo che poi le realtà regionali hanno a loro volta fatto lavori in merito alle questioni degli ausili.

 

Fonte: Atti del seminario “Volere volare. Vita Indipendente delle persone con disabilità” (Peccioli, 27 giugno 2009), contenuti nel volume “Volere volare. Vita indipendente delle persone con disabilità”, a cura di Simona Lancioni, Peccioli, Informare un’h, 2012.

Torna all’indice del volume “Volere volare“.

Ultimo aggiornamento il 24 Aprile 2013 da Simona