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Chi agisce violenza e la vittima non vanno messi sullo stesso piano

di Rosalba Taddeini

Ben volentieri ospitiamo le considerazioni di Rosalba Taddeini, psicologa responsabile dell’Osservatorio Nazionale sulla Violenza contro le Donne con disabilità, costituito, nel 2018, dall’Associazione Differenza Donna, sulla proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche sulle vicende di omicidio-suicidio attuati dai/dalle caregiver a danno di sé stessi e della persona con disabilità di cui si curano, elaborata dal centro Informare un’h, ed aperta alla sottoscrizione di enti e singole persone.

Una figura femminile, fotografata di spalle, mentre guarda il sole.

In merito alla proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche sulle vicende di omicidio-suicidio attuati dai/dalle caregiver a danno di sé stessi e della persona con disabilità di cui si curano, faccio presente che Differenza Donna, l’Associazione di cui faccio parte, si occupa di violenza di genere. Con tale espressione si intendono tutte le forme di violenza contro le donne, che comprendono “ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà” (come stabilito dall’articolo 1 della Dichiarazione ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne, del 1993). Anche nei casi di violenza nei confronti delle donne con disabilità, il nostro approccio prende le mosse dalla violenza di genere, quindi dall’essere donna nei contesti patriarcali. Siamo consapevoli che una stessa donna potrebbe assommare in sé diversi fattori di rischio suscettibili di causare discriminazioni – così è, ad esempio, per la donna straniera, la donna vittima di tratta, la donna con disabilità, la donna lesbica, ecc. –, dunque la nostra azione di intervento si sviluppa in questo senso.

Venendo ora agli episodi di omicidi-suicidi attuati dai caregiver e dalle caregiver ai danni di sé stessi e della persona con disabilità a cui prestano assistenza, oggetto della proposta, parto dal presupposto che esista una disparità di potere tra chi agisce violenza e chi la subisce in una relazione dispari, basata su un modello attivo/passivo, soprattutto in situazioni in cui uno dipende dall’altro, o si trova in stato di necessità. Dunque non possiamo mettere sullo stesso piano queste due situazioni, e, pur essendo vero che lo Stato fa sentire solo il/la caregiver, è necessario comprendere che la violenza è intenzionale, e si sceglie di essere violenti.

A livello personale condivido i diversi punti della proposta, sebbene mi renda conto che non c’è stata occasione di occuparmi specificamente di omicidi-suicidi attuati dai/dalle caregiver. Occupandomi di violenza di genere, nei casi di femminicidi in cui l’aggressore si suicida, quest’ultimo non è esposto a violenza sistemica-istituzionale (come nel caso del/la caregiver e della persona con disabilità), dunque è ancora più semplice comprendere che chi agisce violenza e la vittima non vanno messi sullo stesso piano.

 

Vedi anche:

Omicidi-suicidi: proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche, «Informare un’h», 20 febbraio 2023.

 

Ultimo aggiornamento il 14 Marzo 2023 da Simona