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Continuano le violazioni dei diritti umani di Yaska

Lo scorso 4 agosto, con una motivazione che poi si è rivelata infondata, Yaska, una donna interessata da schizofrenia, è stata trasferita dalla comunità ospitante ad un reparto psichiatrico. Come riferito in altre occasioni, dall’agosto 2015 Yaska è stata sottratta alla famiglia, istituzionalizzata e soggetta a una sistematica violazione dei propri diritti umani in ragione della sua disabilità. È sua madre Jeanette Fraga a rendere noti gli ulteriori sviluppi di questa vicenda attraverso una lettera aperta in cui diffida l’equipe che segue sua figlia dal protrarre «questo comportamento incivile, disumano e degradante nei suoi confronti», perché questo ne mina la salute ed è in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Una mano su un vetro appannato (foto di Kristina Tripkovic).

Dal 4 agosto 2015 Yaska, una donna interessata da schizofrenia residente a Firenze, è stata sottratta alla famiglia, istituzionalizzata, sottoposta ad interdizione e soggetta a una sistematica violazione dei propri diritti umani (tra i quali un aborto forzato) in ragione della sua disabilità. Yaska, che oggi ha 32 anni, vive tuttora in uno stato di segregazione. Come centro Informare un’h abbiamo iniziato ad occuparci della sua vicenda nel febbraio scorso raccontando la sua storia (se ne legga questo link), ed aderendo alle iniziative promosse dall’Associazione Diritti alla Follia, che offre supporto a lei e alla sua famiglia, per porre fine alla sua segregazione (iniziative di cui abbiamo riferito qui e qui). Ma certamente il soggetto più attivo e tenace nel promuovere il rispetto dei diritti di Yaska sin dall’inizio di questa storia è sua madre Jeanette Fraga. Jeanette è precisa e meticolosa, tiene un diario di tutti gli avvenimenti che interessano la figlia, li annota di volta in volta; documenta gli scambi con sua figlia e con gli altri soggetti che hanno un ruolo e delle responsabilità nella vicenda; coinvolge tutte le figure istituzionali e non che pensa possano aiutarla a sbloccare la situazione; studia (e cita in modo appropriato) leggi, sentenze, rapporti ufficiali, studi scientifici che mostrano come il trattamento riservato a Yaska sia in contrasto con le norme – e dunque illegale, illecito e perfino criminale -, e arrechi un danno al benessere e alla salute di sua figlia.

È dunque Jeanette a rendere pubblici gli sviluppi di questa vicenda con una lettera aperta rivolta all’equipe che segue Yaska (il dirigente dell’AUSL, la Giudice Tutelare, la tutrice, i medici coinvolti), e per conoscenza a Mauro Palma, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, per denunciare come dal 4 agosto scorso Yaska sia stata trasferita dalla comunità ospitante ad un reparto psichiatrico. Il trasferimento è stato inizialmente giustificato con la motivazione che Yaska aveva il covid – motivazione che però è stata smentita dalle analisi effettuate –, e che comunque, anche se fosse stata corretta, avrebbe dovuto comportare un trasferimento in un reparto covid, non in un reparto psichiatrico. Fatto sta che, sebbene sia caduta la motivazione che ha giustificato il trasferimento, Yaska continua a rimanere nel reparto psichiatrico, sottoposta ad un inasprimento dei trattamenti farmacologici e senza la possibilità di incontrare i propri familiari e amici.

Già nell’ottobre 2019 a Yaska erano state sospese le visite e le era stato sequestrato il cellulare; nell’agosto 2020 venivano autorizzati degli incontri protetti di 30 minuti ogni 15 giorni con sua sorella, e successivamente col padre – nella stessa modalità – ma con una durata di 15 minuti. A novembre 2021 tali incontri furono nuovamente sospesi. A dicembre 2021 sono stati sospesi gli incontri mensili dei familiari con Yaska e l’equipe che la segue, ed anche le due uscite settimanali con gli educatori. Dal diario di Jeanette risulta che, nel trimestre che va da dicembre 2021 a marzo 2022, Yaska è uscita per solo undici ore, nel trimestre seguente (che va da marzo a giugno 2022), invece, è rimasta per due mesi senza uscire, cioè, vivendo praticamente rinchiusa in struttura, senza alcuna possibilità di visita da parte dei suoi familiari e dei suoi amici, e senza poter vedere la luce del sole. La stessa Yaska ritiene che siano stati proprio il senso di isolamento e di solitudine ad indurle i comportamenti autolesionistici che non aveva mai manifestato quando viveva in famiglia o la frequentava regolarmente.

Anche in questa lettera aperta Jeanette cita dati, date, fatti, norme, sentenze, rapporti di ricerca, relazioni e trattati internazionali, per giungere a diffidare i soggetti al quale è indirizzata dal protrarre «questo comportamento incivile, disumano e degradante nei suoi confronti [nei confronti di Yaska, N.d.R.], perché non genera guarigione, ma al contrario! Vi ricordo che mia figlia Yaska ha gli stessi diritti dei vostri figli e nipoti», argomenta. E conclude: «Come madre ho il diritto di passare il tempo con lei, come lo ha tutta la famiglia: l’impedimento a questo è un crimine».

Nel dare conto di questi nuovi sviluppi, è opportuno ricordare che l’istituto tutelare dell’interdizione a cui è ancora sottoposta Yaska è stato dichiarato in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità dal Comitato preposto al monitoraggio sulla sua applicazione, pertanto andrebbe revocata, e sostituita con modalità che supportino l’espressione e il rispetto della volontà e delle preferenze della stessa Yaska. Volontà e preferenze che lei continua ad esprimere chiaramente – ha detto in tutti i modi possibili e immaginabili che vuole tornare vivere con i suoi familiari –, ma che vengono sistematicamente ignorate. È importante avere ben presente che nella sostanza ciò che chiedono Yaska e sua madre è proprio il rispetto delle disposizioni contenute nella Convenzione ONU. Disposizioni che – è fondamentale ricordarlo – si applicano a prescindere dal grado e dal tipo di disabilità da cui la persona è interessata.

Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

Vedi anche:

Simona Lancioni, Assolta la madre di Yaska, cosa possiamo ancora fare per Yaska e la sua famiglia?, «Informare un’h», 24 marzo 2022.

Simona Lancioni, Un presidio per chiedere la fine della segregazione di Yaska, «Informare un’h», 5 marzo 2022.

Simona Lancioni, Un caso di aborto senza il consenso della donna con disabilità interessata, «Informare un’h», 6 febbraio 2022.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 19 Agosto 2022 da Simona