Menu Chiudi

Il nuovo piano educativo individualizzato e le preoccupazioni di una mamma

di Martina Fuga

Con il Decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182 sono stati definiti i nuovi modelli di piano educativo individualizzato (PEI) da adottare da parte delle istituzioni scolastiche, e le modalità di assegnazione delle misure di sostegno. Queste novità hanno suscitato reazioni contrastanti (come ben sintetizzato, pochi giorni fa, da Salvatore Nocera, uno dei maggiori esperti italiani in tema di didattica inclusiva, intervenuto sulla questione con un articolo ospitato nel sito «La tecnica della scuola»). Mentre seguiamo il dibattito, abbiamo scelto di dare spazio alla riflessione di Martina Fuga, madre di tre ragazzi, di cui la mezzana, Emma, nata nel 2005, ha la sindrome di Down. Fuga è attiva in diverse associazioni che si occupano di sindrome di Down. Ha scritto diversi libri, tra cui, nel 2014, “Lo zaino di Emma” (Mondadori Electa), in cui racconta la propria esperienza. “Lo zaino di Emma” è anche il nome di una pagina Facebook gestita da lei stessa, alla quale ha affidato le sue considerazioni sul nuovo PEI. Questi i due punti preoccupanti: l’esonero da alcune discipline e il tempo scuola trascorso fuori della classe. Ben volentieri diamo spazio alle sue parole. (S.L.)

 

Martina Fuga con sua figlia Emma.

Scrivo questo post da mamma, una mamma la cui figlia ha trascorso un anno in una classe speciale. Vivevamo in Francia, per il lavoro di mio marito, ed Emma ha frequentato la scuola francese, nella cosiddetta ULIS, unità localizzata per l’inclusione scolastica. Premetto che mi sono battuta duramente perché fosse ammessa nella scuola dei suoi fratelli, in Francia i ragazzi con sindrome di Down in genere vanno in scuole speciali o istituti. È stato dunque un privilegio essere stati accolti in una scuola ordinaria e in quella classe.

Emma frequentava la maggior parte delle ore in ULIS, una classe di soli alunni con disabilità di età diverse, le restanti ore con la classe sesta, corrispondente alla nostra prima della secondaria di primo grado anche se lei per età avrebbe dovuto essere in seconda. Nelle poche ore in cui stava con il gruppo classe seguiva le lezioni di musica, ginnastica, scienze e spagnolo. Di fatto era esonerata da tutto il resto, perché in ULIS si svolgeva un programma completamente diverso dal resto della classe, si studiava il francese, la matematica, un po’ di geografia, e diverse attività laboratoriali. Nella classe c’era un cucinino e piccoli spazi ricavati per il lavoro 1 a 1 con gli insegnanti specializzati. A scuola si facevano le torte e si andava persino nell’orto, ma erano pratiche riservate agli alunni con disabilità. Per la cronaca Emma a fine anno ha fatto la foto di classe con l’ULIS ma non con la sesta che pure frequentava e non gli è stato permesso di partecipare al viaggio di istruzione in Spagna. Non era una alunna della classe, era un ospite a cui veniva gentilmente concesso di partecipare ad alcune ore.

Vedete, il nuovo decreto interministeriale io l’ho studiato, mi sono fatta uno schemino con i pro e i contro, come sono solita fare quando analizzo una questione complicata, e ci sono due punti con i quali non riesco a riconciliarmi e non riesco a farlo perché leggo tra le righe qualcosa che ho già visto praticare nella realtà. Uno è l’esonero da alcune discipline e l’altro è il tempo scuola trascorso fuori della classe. L’esonero da alcune discipline di studio mi ferisce profondamente perché mette nero su bianco la possibilità degli insegnati di arrendersi di fronte alle difficoltà di un alunno, significa poter dire “nella mia materia non ce la può fare”. In questo modo si legittima un insegnante a valutare chi può e chi non può imparare la sua materia. In buona sostanza, io insegnante valuto che non c’è nulla della mia materia che questo alunno possa imparare, quindi lo esonero. In casi eccezionali, intendiamoci. Ma una scuola che non è per tutti, ma proprio tutti, non è una scuola inclusiva.

L’altro punto critico è l’inserimento nel modello di PEI di una domanda a proposito dell’orario settimanale, che mette nero su bianco se l’alunno è sempre nel gruppo classe oppure trascorre delle ore in laboratorio o cosiddetti “altri spazi”. Questa è una prassi ahimè consolidata, contro la quale ci battiamo animatamente da anni, gli alunni con disabilità devono stare in classe con i loro compagni, non nei corridoi, in cortile, o nelle aule di sostegno. Vedere inserita e legittimata questa prassi nel modello di PEI, mi ha fatto rabbrividire.

Ho letto critiche pesanti e difese altrettanto animate, ma ho visto davvero poca concretezza nell’immaginare cosa aspetta agli alunni con disabilità nel prossimo futuro. A me non serve tanta fantasia perché io questo tipo di scuola non solo l’ho già vista, ma mia figlia l’ha frequentata e mi ha fatto rimpiangere la nostra scalcagnata scuola italiana con tutte le sue imperfezioni e le sue storture.

Non tira una buona aria per gli alunni con disabilità, per nulla.

 

Vedi anche:

Pagina Facebook “Lo zaino di Emma”.

 

Ultimo aggiornamento il 22 Gennaio 2021 da Simona