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Le Linee guida sui contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR non considerano la discriminazione multipla delle donne con disabilità

Come disposto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un recente Decreto ha definito le Linee guida volte a favorire l’occupazione femminile, quella giovanile e quella delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR. Nel testo delle Linee guida è sottolineato il carattere innovativo delle misure in questione, tuttavia se esse rendono effettivamente più vantaggioso per le imprese assumere giovani donne, pongono invece sullo stesso piano l’assunzione di uomini e donne con disabilità, sebbene queste ultime siano più svantaggiate degli uomini con disabilità e delle donne senza disabilità. Continuano ad essere ignorate le disposizioni in materia di discriminazioni multiple contenute nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

 

Una donna con disabilità intellettiva al lavoro mentre setaccia il cacao su un dolce.

L’articolo 47 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), disciplinato con il Decreto Legge 77/2021, è dedicato al tema “Pari opportunità e inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC” (Piano Nazionale degli investimenti Complementari), ed intende promuovere le pari opportunità nell’occupazione femminile, giovanile e delle persone con disabilità. A tal fine il comma 8 dello stesso articolo ha previsto che dovessero essere predisposte delle “Linee guida volte a favorire la pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC”. Linee guida che sono state concretamente adottate con il Decreto del 7 dicembre 2021 emanato dalla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia e dalla ministra per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, di concerto con il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, con il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e, infine, con la ministra per le Disabilità. Scopo delle Linee guida in questione è quello di definire le modalità ed i criteri applicativi delle misure previste nel citato articolo 47 del PNRR. Esse si applicano in modo generalizzato a tutti gli investimenti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, a prescindere dal loro importo (che può essere superiore o inferiore alle soglie di rilevanza europea), dal fatto che si tratti di concessioni o di appalti, e dalla circostanza che il finanziamento con le risorse in questione sia integrale o parziale.

In particolare è specificato che nei bandi di gara siano indicati, come requisiti necessari e, in aggiunta, premiali dell’offerta, criteri orientati verso gli obiettivi di parità.

Alcune delle misure previste si applicano senza necessità di uno specifico inserimento da parte delle stazioni appaltanti di specifiche previsioni nei bandi di gara. In dettaglio, sono direttamente applicabili le disposizioni volte a impegnare le aziende ad affrontare in modo trasparente l’analisi del proprio contesto lavorativo, attraverso la redazione e la produzione del rapporto sulla situazione del personale, la consegna della relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile, e la presentazione della dichiarazione e della relazione circa il rispetto delle norme che disciplinano il diritto al  lavoro delle persone con disabilità (di cui all’articolo 17 della Legge 68/1999, Norme per il diritto al lavoro dei disabili).

L’omissione o la mancata comunicazione di tale documentazione comporta sanzioni che, in alcuni casi, possono arrivare sino all’esclusione dalle gare.

Comporta l’escussione dalla gara la mancata produzione da parte degli operatori economici pubblici e privati che occupano oltre 50 dipendenti della copia dell’ultimo rapporto sulla situazione del personale.

Diverse sono invece le sanzioni per la mancata produzione della relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile che, essendo un obbligo da adempiersi a valle della stipulazione del contratto, non conduce all’esclusione dalla gara ma all’applicazione di penali da commisurarsi in base alla gravità della violazione e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni dello stesso. La violazione dell’obbligo di produzione della relazione di genere determina, inoltre, l’impossibilità di partecipare in forma singola o in raggruppamento temporaneo, per un periodo di dodici mesi, ad ulteriori procedure di affidamento relative agli investimenti pubblici finanziati con le risorse derivanti dal PNRR e dal PNC.

Agli operatori economici che occupano un numero pari o superiore a 15 dipendenti e non superiore a 50 è imposto inoltre di consegnare alla stazione appaltante, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, una dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro delle persone con disabilità, nonché una relazione che chiarisca l’avvenuto assolvimento degli obblighi previsti a carico delle imprese dalla Legge 68/1999, e illustri eventuali sanzioni e provvedimenti imposti a carico delle imprese nel triennio precedente la data di scadenza della presentazione delle offerte. Tale relazione deve essere trasmessa anche alle rappresentanze sindacali aziendali. Anche in questo caso, come per la mancata produzione della relazione di genere, la mancata produzione della dichiarazione e della relazione delle disposizioni sul diritto al lavoro delle persone con disabilità comporta l’applicazione di penali da commisurarsi in base alla gravità della violazione e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni dello stesso. Un ulteriore passaggio delle Linee guida prevede che tale dichiarazione debba essere richiesta anche agli operatori economici con più di 50 dipendenti.

Le Linee guida considerano requisiti necessari dell’offerta sia l’aver assolto, al momento della presentazione dell’offerta stessa, agli obblighi in materia di lavoro delle persone con disabilità, sia l’assunzione dell’obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, una quota pari almeno al 30% delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, tanto all’occupazione giovanile quanto all’occupazione femminile. E tuttavia le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, dei requisiti di partecipazione indicati pocanzi e quelli sulla quota del 30%, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Come già accennato, le Linee guida, oltre a prevedere sanzioni per le inadempienze, individuano anche «misure premiali» che prevedano l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato. Tali misure richiedono specifiche declinazioni attuative nell’ambito dei bandi di gara, che tengano conto delle caratteristiche del progetto e delle peculiarità dei vari settori del mercato del lavoro. Ad esempio, è prevista l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che utilizzi o si impegni a utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro; oppure che si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, persone con disabilità, giovani con età inferiore a trentasei anni e donne per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali.

Sotto un profilo operativo le Linee guida sono molto circostanziate nell’indicare la metodologia da utilizzare per definire la quota del 30% delle assunzioni da destinare, rispettivamente, all’occupazione giovanile e femminile; le circostanze che rendono il ricorso all’inserimento di clausole di premialità o il rispetto della destinazione della quota del 30% alle nuove assunzioni giovanili e femminili, in tutto o in parte impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche, circostanze che rendono pertanto plausibile il ricorso alle deroghe a cui si è accennato; la segnalazione esemplificativa e non esaustiva di alcune clausole di premialità che le stazioni appaltanti possono utilizzare per la predisposizione della documentazione di gara.

Nel testo delle Linee guida è sottolineato il «rilevante sforzo di innovazione che l’articolo 47 richiede tanto alle stazioni appaltanti, quanto agli operatori economici», e certamente è innovativo che le dimensioni dell’occupazione giovanile e dell’occupazione femminile siano considerate sia in modo indipendente, sia nella loro intersezione. Infatti, in merito al calcolo della quota del 30%, è specificato che l’obbligo è finalizzato a garantire un incremento sia dei lavoratori giovani sia delle lavoratrici e pertanto la percentuale di incremento deve essere assicurata con riferimento ad entrambe le tipologie di soggetti. Pertanto, fatti salvi requisiti previsti per le deroghe, va dunque, ad esempio, esclusa un’azienda che si impegna all’incremento del 30% componendolo con il 20% di giovani e il 10% di donne. Invece non si darà luogo all’esclusione nei casi di intersezione delle due dimensioni. Quindi, sempre ad esempio, va ammessa l’azienda che garantisce l’impegno con assunzioni che, sebbene nominalmente non superano la percentuale del 30%, garantiscono tuttavia il target con un numero inferiore di unità in tutto o in parte caratterizzate dal doppio requisito di genere ed età (ad esempio: 30% di donne con meno di 36 anni oppure 20% di donne con meno di 36 anni, 10% di donne di almeno 36 anni e 10% di uomini con meno di 36 anni).

Spiace invece constatare che non siano state minimamente considerate le discriminazioni multiple che colpiscono le donne con disabilità, donne che, lo ricordiamo, sono discriminate, anche a livello occupazionale, sia in quanto donne, sia in quanto persone con disabilità, e, se di età inferiore ai 36 anni, anche in quanto giovani. Un tema posto con forza anche dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, nella parte in cui impegna gli Stati Parti a riconoscere «che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple», e ad adottare «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali» enunciati nella Convenzione stessa (articolo 6). Questo vuol dire che se le Linee guida rendono effettivamente più vantaggioso per le imprese assumere giovani donne, pongono invece sullo stesso piano l’assunzione di uomini e donne con disabilità, sebbene queste ultime siano più svantaggiate degli uomini con disabilità e delle donne senza disabilità. Su questo fronte purtroppo le Linee guida non introducono nessuna innovazione e continuano ad ignorare i molteplici richiami* rivolti al nostro Paese dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità sulla mancata applicazione delle disposizioni della Convezione ONU in materia di discriminazioni multiple, ed in particolare anche sugli aspetti occupazionali (si vedano i punti 69 e 70 delle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia richiamate nella nota). Auspichiamo che le Associazioni di persone con disabilità e quelle femminili che interloquiscono con le Istituzioni propongano delle modifiche integrative su tali aspetti, ad esempio prevedendo, tra le clausole di premialità (previste dal comma 5 dell’articolo 47 e disciplinate nel punto 9 delle Linee guida), sia esplicitamente considerata l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo per chi, nell’ottemperare alle disposizioni della Legge 68/2009, assume donne con disabilità. È grave che non ci sia alcuna indicazione in tal senso e no, non basta dire che le indicazioni delle clausole contenute nelle Linee guida sono esemplificative e non esaustive. Il contrasto alle discriminazioni multiple deve essere esplicito: le forme implicite hanno sempre e solo portato ad invisibilizzare ed ignorare il problema.

Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

* Le Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia, redatte dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità nel 2016, contengono molti richiami alle questioni di genere, li riassumiamo sinteticamente. Il Comitato esprime preoccupazione per «l’assenza di leggi e di strumenti che afferiscono alla discriminazione plurima, compresi efficaci sanzioni e correttivi» (punto 11), in questo caso il riferimento non è esplicito, ma poiché sappiamo che le donne con disabilità sono esposte alla discriminazione plurima in ragione della simultanea appartenenza a due gruppi svantaggiati (donne e persone con disabilità), ciò configura un riferimento indiretto. «Il Comitato è preoccupato perché non vi è alcuna sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere, così come in quelle riguardanti la condizione di disabilità» (punto 13) e «raccomanda che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro organizzazioni rappresentative» (punto 14). Altri richiami con esplicito riferimento al genere riguardano: la richiesta di contrastare gli effetti negativi degli stereotipi relativi alle persone con disabilità, ed in particolare alle donne e alle ragazze con disabilità, tramite campagne di comunicazione di massa e la formazione del personale che opera nei mezzi di comunicazione (punto 20); la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (punto 44); l’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva (punti 61 e 62); l’alto tasso di disoccupazione tra le persone con disabilità, in particolare tra le donne con disabilità (punti 69 e 70).

Riferimenti normativi:

Decreto del 7 dicembre 2021, Adozione delle linee guida volte a favorire la pari opportunità di genere e generazionali, nonché’ l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC. Il testo delle stesse è contenuto nell’Allegato 1.

Decreto Legge 77/2021, Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure. Si veda in specifico l’articolo 47: Pari opportunità e inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC.

Vedi anche:

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 16 Gennaio 2022 da Simona