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Microimprenditrici con disabilità in Palestina

Dal 2017 è attivo in Palestina, nei Governatorati di Ramallah e di Nablus, il progetto “Let’s start up” gestito dall’organizzazione non governativa riminese EducAid. Si tratta di un progetto di microimprenditoria rivolto a donne con disabilità o madri di figli/e con disabilità palestinesi che vivono in Cisgiordania, nei Territori Occupati. Il progetto ha permesso a 16 donne palestinesi di avviare e gestire autonomamente 12 microimprese sociali volte a conseguire l’indipendenza economica e il riconoscimento sociale.

 

Una donna con disabilità motoria palestinese mentre con un pennello scrive la parola freedom, libertà in inglese (fonte: EducAid).

Dal 2017 è attivo in Palestina, nei Governatorati di Ramallah e di Nablus, il progetto “Let’s start up” gestito dall’organizzazione non governativa (ONG) riminese EducAid. Si tratta di un progetto di microimprenditoria rivolto a donne con disabilità o madri di figli/e con disabilità palestinesi che vivono in Cisgiordania, nei Territori Occupati. Va tenuto presente che dal 2012 l’economia palestinese ha vissuto un periodo di recessione economica causata dall’occupazione israeliana, nonché dalla dipendenza dal mercato israeliano e dagli aiuti umanitari. E se anche per gli uomini la vita in questi territori non è una passeggiata, essere donna con disabilità o madre di figli/e con disabilità significa dover fare i conti anche con altri molteplici fattori che riducono ulteriormente le opportunità di inclusione socio-economica: il fatto di vivere in una società fortemente patriarcale; la circostanza che la disabilità propria o dei propri figlie e figlie sia vista come un marchio infamante; le barriere architettoniche; la mancanza di servizi specifici per la disabilità; il dover provvedere da sole alla cura dei propri figli/e con disabilità; l’esclusione dal mercato del lavoro, con la conseguente mancanza di autonomia economica; la scarsa implementazione delle normative che sanciscono i loro diritti, come la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; la debolezza delle associazioni di persone con disabilità locali; la prevalenza di un approccio meramente assistenzialista nei confronti delle persone con disabilità.

In questo contesto “Let’s start up” ha permesso a 16 donne palestinesi di avviare e gestire autonomamente 12 microimprese sociali volte a conseguire l’indipendenza economica e il riconoscimento sociale. Farial gestisce una lavanderia a secco e si è specializzata nella cucitura e nel lavaggio di tappeti. Ibtisam ha avviato un’apicoltura con più di 50 clienti tra i quali anche grossi venditori. Samira ha un’impresa di catering di cucina tradizionale. «Prima per strada venivo additata come ‘la madre dei disabili’. Adesso mi chiamano per nome, sono Samira, quella che cucina», racconta sodisfatta. Amani, che ha un figlio con disabilità e di recente ha perso una figlia (anch’essa con disabilità), è divenuta la prima donna falegname in Palestina. Grazie al progetto “Let’s start up” è riuscita a trasformare la passione per il legno che la portava a costruire piccole automobili, in un’attività di falegnameria che produce anche tavoli e sedie da giardino. A Ramallah, cinque giovani donne con disabilità uditiva hanno dato vita a una microimpresa nel campo della fotografia e dell’animazione. È stata proprio la loro disabilità a indurre Lara, Hiba, Manal, Ebtisam e Nisreen ad orientarsi in questa direzione: «Dalla nostra disabilità abbiamo imparato che la comunicazione e l’espressione artistica si possono manifestare in molti modi diversi. Ora lo stiamo mettendo in pratica». Jawaher, interessata da un’emiplegia che le paralizza metà del corpo, ha avviato un allevamento di uova biologiche ed ha organizzato un servizio di consegna per recapitarle ad una rete di clienti. Molte di loro hanno coinvolto nell’attività anche i loro figli e figlie disabilità.

Progetti del genere non sarebbero possibili senza una rete di collaborazioni e “Let’s start up”, in oltre 4 anni di lavoro, ha potuto contare sul partenariato 8 organizzazioni italiane e palestinesi. Il progetto è finanziato dall’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), ed ha tra i partner in loco le due Camere di Commercio e le Università di Nablus e Ramallah, mentre tra i partner italiani figurano Yunus Social Business Center dell’Università di Firenze, RIDS – Rete italiana disabilità e sviluppo e l’Agenzia Piano Strategico di Rimini.

«Il nostro metodo di intervento non è l’assistenza alle persone con disabilità, ma l’empowerment, cioè farle crescere lavorando insieme a loro fino a renderle autonome. Questo significa il rafforzamento individuale delle persone, lo sviluppo delle loro potenzialità e capacità. Un percorso di emancipazione personale e di formazione che gli permette di riscattare la dignità attraverso la valorizzazione delle proprie attitudini e il lavoro. In Palestina abbiamo trovato molta collaborazione e sensibilità a queste tematiche anche nei partner locali, come Aswat Society e Rantis Young Ladies Society, organizzazioni attive nella promozione dei diritti delle persone con disabilità», ha raccontato a «Newsrimini.it» Francesca Manzoni, responsabile del settore Progetti estero di EducAid. Tutte le donne coinvolte nel progetto sono state seguite in ogni fase di elaborazione dello stesso. «Abbiamo organizzato percorsi formativi per le start-up selezionate, sia nella gestione dell’impresa che in quella finanziaria. Quindi formazioni individualizzate per i vari settori d’impresa, stage e giornate di incontro con altre donne», ha continuato Manzoni. «Il coaching di EducAid ha orientato le donne anche a individuare idee di impresa più innovative e di maggior impatto sociale. E ha distolto la loro attenzione dall’essere donne con disabilità, focalizzandola sulle loro capacità e potenzialità, sul loro diritto di accedere ad opportunità di lavoro».

Un’ulteriore fase del progetto prevedeva di portare in Italia le nuove imprenditrici per scambi di esperienze e per creare contatti commerciali, ma l’emergenza scaturita dalla pandemia di Covid-19, ha bloccato tutto inducendo EducAid a continuare ad aiutare queste donne sostenendo la loro attività in loco e comprando nuove attrezzature. «Non vogliamo lasciarle sole nella fase delicata del passaggio, verso la piena autonomia, reso ancora più difficile dagli effetti della pandemia», hanno spiegato dalla ONG, e a tal fine hanno avviato una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe, invitando chiunque può a contribuire.

Se anche in luoghi così difficili come la Palestina occupata le donne con disabilità e le madri di figli e figlie con disabilità riescono, se adeguatamente supportate, a divenire imprenditrici di se stesse, mostra ancora una volta come l’inclusione delle persone con disabilità, e delle donne in particolare, sia una questione di strategie adeguate (il superamento dell’assistenzialismo) e di volontà politica (la scelta di investire nello sviluppo delle loro capacità). (Simona Lancioni)

 

Vedi anche:

EducAid

Pagina del progetto “Let’s start up” sul sito di EducAid.

Let’s start up: microimprese di donne in Palestina, campagna di raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe.

 

Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2021 da Simona