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Riforma dell’amministrazione di sostegno, al via la Campagna “Fragile a Chi?!”

dell’Associazione Diritti alla Follia

«Fragili non sono le persone con disabilità, fragili sono le garanzie giuridiche poste a presidio della loro dignità: occorre rafforzarle», con questo slogan l’Associazione Diritti alla Follia lancia “Fragile a Chi?!”, una campagna di sensibilizzazione che ha lo scopo di sollecitare la sottoscrizione della Proposta di Legge di iniziativa popolare per l’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione e per la riforma dell’amministrazione di sostegno depositata nei giorni scorsi presso la Corte di Cassazione. Occorre passare da un approccio di protezione a quello di libertà delineato dalla Convenzione ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità, spiegano dall’Associazione.

L’immagine ideata per promuovere la “Campagna per l‘abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione e la riforma dell’amministrazione di sostegno”.

Per promuovere la sottoscrizione della Proposta di Legge di iniziativa popolare per l’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione e per la riforma dell’amministrazione di sostegno [il cui testo integrale è disponibile a questo link, mentre la sintesi dei contenuti è pubblicata in calce al presente comunicato, N.d.R.], l’Associazione Diritti alla Follia lancia la Campagna “Fragile a Chi?!

Dopo anni di ascolto, sensibilizzazione e denuncia, l’Associazione passa adesso alla mobilitazione di cittadine e cittadini per dare forza ad una necessaria riforma che il Parlamento non si decide a compiere.

Occorre impedire che l’interdizione, l’inabilitazione, e l’amministrazione di sostegno continuino ad essere strumenti al servizio dell’istituzionalizzazione forzata, attraverso meccanismi di “sostituzione” al di fuori della legalità internazionale.

Stando ai dati Istat aggiornati al 1° gennaio 2022 (contenuti nel Report “Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie”, divulgato il 13 novembre 2023) gli “ospiti” delle strutture residenziali ammontavano a 356.556, quanti di essi sono realmente “volontari”? E quanti, invece, sono i ricoveri per volontà di un tutore o di un amministratore di sostegno? Non è dato saperlo.

Sono passati otto anni da quando – nell’agosto del 2016 – il Comitato ONU istituito dalla Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità raccomandava all’Italia la necessità di rispettare i diritti riconosciuti dalla Convenzione, provvedendo all’abolizione dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministrazione di sostegno “sostitutiva” [se ne legga a questo link, N.d.R.].

Alla protezione si contrappone la libertà sancita dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

La Convenzione, elaborata e monitorata insieme alle persone con disabilità, è uno strumento legale, politico e di sviluppo. Inquadra la disabilità come una questione di diritti umani che non possono essere prevaricati dalla volontà di protezione e riconosce che tutte le persone con disabilità sono titolari di diritti, non oggetti di carità o protezione.

Tutte le persone con disabilità, indipendentemente dal tipo o dal grado di disabilità, hanno il diritto di decidere della propria vita: con il sostegno necessario. Un sostegno che deve accettare e sostenere la volontà della persona, non sostituirla. Mentre l’istanza di protezione non deve privare la persona del diritto di fare le proprie scelte, anche sbagliando, giacché riconosce alla stessa anche la dignità dell’errore.

Gli antichi istituti dell’interdizione, dell’inabilitazione e (in moltissimi casi) il nuovo strumento dell’amministrazione di sostegno, portano in sé una latitudine di poteri conferiti al Giudice Tutelare ed al tutore/curatore/amministratore di sostegno, tale da corrispondere in decine di migliaia di casi alle seguenti prerogative:
– scelta del luogo in cui vivere
– scelta delle comunicazioni da intrattenere
– scelta delle frequentazioni familiari e amicali
– scelta delle cure a cui sottoporsi
– espressione del consenso informato al posto della persona amministrata
– rappresentanza esclusiva in ambito sanitario
– internamenti forzati in strutture sanitarie
– impossibilità di avvalersi di una difesa legale
– separazione brutale da familiari, congiunti di fatto, amici
– cinica sordità di fronte alle più svariate esigenze esistenziali
– coercizione farmacologica con aggiramento delle garanzie stabilite dalla disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (TSO)
–  blocco della corrispondenza, blocco dei conti correnti, (s)vendita dei beni sino ad arrivare in moltissimi casi a veri e propri “saccheggi”, o peggio, ruberie (la cronaca degli ultimi anni ne è piena zeppa).

Le denunce di fatti di questo genere si contano a migliaia. Ed è solo la punta dell’iceberg: moltissimi – familiari o diretti interessati – subiscono in silenzio, per paura di rappresaglie, per il timore di trovarsi coinvolti in lunghe e costose vicende giudiziarie o solo per vergogna.

L’amministrazione di sostegno non può essere utilizzata per perseguire finalità del trattamento sanitario obbligatorio!

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ci ha già detto che non si può fare, ma si continua a farlo tutti i giorni nei Tribunali italiani [il riferimento è alla Sentenza CEDU del 6 luglio 2023, inerente il caso di Carlo Gilardi, l’anziano professore rinchiuso in una struttura per anziani contro la sua volontà, del cui epilogo si può leggere a questo link, N.d.R.].

L’Associazione “Diritti alla Follia” ha elaborato questa proposta di Legge per fare in modo che non sia più possibile.

Con particolare riguardo alla Legge 6/2004, che ha introdotto la figura dell’Amministratore di sostegno (e mettendo da parte i casi di vere e proprie vergognose ruberie di cui spesso la cronaca rende rappresentazione), ci si trova oggi di fronte ad un ordinario, spaventoso calpestamento dei diritti dei “beneficiari”, cioè di quelle persone che, trovandosi in una condizione di diminuita autosufficienza, vengono affidate ad un amministratore di sostegno.

Attorno a tali istituti si è sviluppato, nel tempo, un torbido mondo di alleanze e cointeressenze che lega Giudici Tutelari, amministratori, medici, servizi sociali, consulenti tecnici, strutture sanitarie private. La “professione” di tutore, curatore, amministratore di sostegno consente di gestire, spesso dietro ricchi compensi esentasse, anche più di 50 individui.

Comincia un cammino nel quale fare valere le ragioni della salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone ‘infragilite’, spesso ‘sepolte vive’, come Marta Garofalo Spagnolo, finita nella trappola di Stato dell’amministrazione di sostegno e deceduta a soli 31 anni, dopo averne trascorso ben undici all’interno di varie “Case Famiglia” da cui regolarmente fuggiva [se ne legga a questo link, N.d.R.].

Fragili non sono loro, fragili sono le garanzie giuridiche poste a presidio della loro dignità: occorre rafforzarle.

 

Per informazionidirittiallafollia@gmail.com

 

La Proposta di Legge avanzata dall’Associazione Diritti alla Follia chiede:

  • L’abolizione dell’interdizione perché consentendo essa la “sostituzione” del tutore alla persona interdetta è in contrasto con l’art. 12 della Convenzione ONU (Uguale riconoscimento davanti alla legge).
  • L’abolizione dell’inabilitazione perché, tra gli altri motivi, espressione di una cultura istituzionale di “protezione delle persone incapaci” ormai superata da un quadro culturale e giuridico internazionale che riconosce alla persona con disabilità – a prescindere dal tipo e dalla gravità della disabilità stessa – il diritto di essere messa nella condizione di esprimere la propria volontà in merito a tutte le scelte che riguardano la propria vita.
  • L’introduzione delle seguenti modifiche nella disciplina dell’amministrazione di sostegno:
    • Che venga garantita l’informazione sulla procedura ai soggetti coinvolti e l’esplorazione di soluzioni alternative.
    • Che la nomina dell’amministratore di sostegno divenga competenza di un Tribunale in composizione collegiale ogni qualvolta l’iniziativa per la nomina dello stesso o la modifica dei suoi poteri provenga da soggetto diverso dall’ interessato; nonché l’obbligo per il Giudice Tutelare di ascoltare il beneficiario (anche attraverso strumenti telematici) entro trenta giorni dalla richiesta del beneficiario o di un soggetto titolato ad intervenire nella procedura.
    • L’obbligo che in tutta la procedura di nomina dell’amministrazione di sostegno il beneficiario sia sempre accompagnato/supportato da un avvocato di fiducia.
    • L’eliminazione della possibilità che a formulare il ricorso/l’istanza per la nomina dell’amministratore di sostegno siano i responsabili dei servizi sanitari e sociali.
    • L’introduzione della previsione che nella procedura venga valorizzata la presenza di soggetti che – pur non legati da coniugio o rapporti di parentela ed affinità con il potenziale beneficiario – abbiano con lo stesso rapporti documentati di familiarità degni di essere salvaguardati.
    • L’introduzione del vincolo che l’individuazione (e l’eventuale sostituzione) dell’amministratore di sostegno sia ineludibilmente legata alla volontà del beneficiario.
    • Che nei decreti di nomina dell’amministratore di sostegno sia specificato che né lo stesso amministratore di sostegno, né il Giudice Tutelare o il Collegio possono sostituirsi al beneficiario nell’assunzione di qualunque decisione, e che il loro compito è di “supportare il processo decisionale autonomo della persona”. I poteri dell’amministratore di sostegno devono escludere le imposizioni al beneficiario di cure, collocazioni residenziali, limiti alla comunicazione, etc.
    • Previsione che in nessun caso il provvedimento di amministrazione di sostegno possa incidere sulla continuità dei rapporti familiari e che l’attribuzione del ruolo di amministratore di sostegno debba salvaguardare la bigenitorialità, configurandosi una ipotesi di esercizio congiunto della funzione.
    • Che uno stesso amministratore di sostegno possa avere un solo beneficiario, o al massimo tre quando i beneficiari sono legati tra loro da rapporti di coniugio, o parentela fino al secondo grado (ad esempio, è ammesso che una coppia di anziani o due fratelli possano avere lo stesso amministratore di sostegno).
    • Che, salvi i casi di assoluta indispensabilità, il mancato rispetto dell’autonomia e delle scelte del beneficiario attraverso condotte concrete che siano state consapevolmente dirette a contrastare tale autonomia e tali scelte sia configuri il reato dimaltrattamento contro familiari e conviventi” (di cui all’articolo 572 del codice penale).
    • La gratuità dell’incarico di amministratore di sostegno, salva l’esplicitazione di una diversa volontà da parte del beneficiario.
    • Che sia esplicitato che solo il beneficiario può decidere chi tra i soggetti riconosciuti come a lui “vicini” (perché messi in grado di attivare la procedura di amministrazione di sostegno) debba essere escluso dalla conoscenza delle vicende inerenti la procedura di nomina/modifica dell’amministrazione di sostegno, e che ogni atto significativo della stessa debba essere prontamente comunicato al beneficiario.

 

Vedi anche:

Associazione Diritti alla Follia.

Testo integrale della Proposta di Legge di riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno.

Corte di Cassazione, depositata la Proposta di Legge di riforma dell’amministrazione di sostegno, «Informare un’h», 19 aprile 2024.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.

 

Ultimo aggiornamento il 9 Maggio 2024 da Simona