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Si è concluso RISEWISE, le donne con disabilità come soggetti e “oggetti” di studio

di Cinzia Leone, coordinatrice del progetto RISEWISE, PhD Università di Genova

Si è concluso dopo quattro anni e mezzo RISEWISE, un progetto finanziato dalla Commissione Europea allo scopo di accrescere la partecipazione sociale delle donne con disabilità. Un progetto dove queste ultime erano contemporaneamente il soggetto e l’oggetto di uno studio condotto con un approccio olistico, senza che nessuna sfaccettatura della vita quotidiana e delle politiche sociali venisse tralasciata. Ben volentieri pubblichiamo un testo nel quale Cinzia Leone, coordinatrice del progetto stesso, descrive e sintetizza i risultati ottenuti. (S.L.)

 

Un momento del III workshop del progetto europeo RISEWISE, tenutosi il 13 febbraio 2020 presso la Facoltà di Medicina dell’Universidad Complutense di Madrid, nel quale è stato affrontato il tema: miti e realtà della maternità delle donne con disabilità. È ritratta una platea nella quale sono presenti molte donne con disabilità.

RISEWISE – RISE Women with Disabilities in Social Engagement [Accrescere la partecipazione sociale delle donne con disabilità, N.d.R.] è un progetto Horizon 2020 finanziato dalla Commissione Europea durato quattro anni e mezzo, con 16 partner e 7 paesi coinvolti, per un finanziamento di circa 2 milioni di euro. È stato un progetto valutato come originale: esso ha rappresentato infatti una sfida alla società contemporanea allo scopo di cambiare le pratiche di inclusione sociale e rendere disponibile anche a donne con disabilità una nuova visione di “normalità”, in una vita quotidiana fatta di lavoro, istruzione e famiglia, utilizzando come fattore di osservazione la disabilità declinata al femminile, perché, tra i tanti fattori che rendono difficile l’integrazione, la disabilità è quello trasversale più radicato e persistente.

Progetto complesso e articolato, sia per l’entità del finanziamento, sia per il numero è l’eterogeneità dei partner coinvolti, RISEWISE, prima di concentrarsi su un oggetto/un ritrovato di tecnologia che potesse migliorare la vita delle donne con disabilità – che pure è stato un obiettivo importante nel progetto – ha voluto affermare il bisogno di autodeterminazione e di vita indipendente, con un approccio a tutto tondo, non limitato a una disciplina o a un singolo aspetto. Il progetto è risultato vincente perché rappresentava una osservazione olistica, non parziale, della donna con disabilità. La disabilità non come un problema, non come un fatto medico, ma come una dimensione della vita quotidiana. Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, sostiene a ragione che il mondo si divide fra coloro che sono disabili e coloro che non lo sono ancora. La disabilità come una dimensione possibile, probabile, per molti già presente, quindi. Questo è stato l’approccio di RISEWISE. Non è stato: vieni che ti curo, ti risolvo il problema, ti do la medicina o la soluzione giusta, ma: lavora con noi, mettiti al centro, vivi con noi, con ciò affermando che le persone non sono il deficit e il deficit non rappresenta la totalità della persona.

La nostra cultura tutta incentrata sul patriarcato, la tradizione e l’abilismo non riesce ancora a considerare normale la disabilità. La differenza e lo scostamento dalla normalità relegano quindi le persone con disabilità in un altro gruppo sociale, che per forza non può essere parte del resto del gruppo, composto dagli abili, coloro cioè, col corpo integro o la mente integra. Le donne con disabilità possono essere tutto questo? Possono conformarsi. Sì, è questo che spesso viene chiesto loro.

Dal momento che gli studi medici, sociali e antropologici sulla disabilità in maniera organica sono relativamente recenti e molto spesso non fanno distinzione precisa di genere, uno degli scopi fondamentali del progetto è stato anche quello di sviluppare nuove competenze in grado di migliorare l’integrazione sociale e in generale la vita delle donne con disabilità, secondo una prospettiva di genere che promuova un pieno godimento dei diritti e dell’uguaglianza di ogni persona nel rispetto della differenza.

Per quanto concerne poi il finanziamento di progetti europei di ricerca aventi come topic la disabilità o le donne con disabilità nello specifico, il motore di ricerca della Commissione Europea contenente tutti i dati dei progetti finanziati, CORDIS, restituisce un risultato di 636 progetti H2020 finanziati che riportano nel titolo, o nella descrizione, o nel teaser la parola “disabilità”. La stragrande maggioranza dei progetti sono inerenti ai settori della medicina o della tecnologia, che oggigiorno rappresentano gli approcci al tema della disabilità più diffusi a livello internazionale sia dal punto di vista teorico che di ricerca. In diversi casi si analizza poi la tematica dell’invecchiamento come portatrice di possibile disabilità. Per quanto riguarda la disabilità intellettuale, si trovano diversi progetti che riguardano sia autismo che altri tipi di mental impairments. Nessuno dei progetti nella lista appare dedicato alla tematica della donna con disabilità nella sua interezza o nelle tematiche affrontate nella vita di ogni giorno, analizzando più di un aspetto che non sia quello della salute, di una precisa malattia, di una tematica già definita come ad esempio il social work, i care giver, il lavoro domestico, l’assistive technology e altro. Inoltre, raramente si parla nello specifico di donne con disabilità. Fanno eccezione nella lista il progetto in parola, RISEWISE, e il suo spin-off, il progetto MILIEU: Women, Disability, and Inclusion. Scientific Excellence in Bulgaria, progetto Horizon 2020 attivo, scritto principalmente dalla autrice di questo contributo e rappresentante una sorta di evoluzione dell’analisi del tema donne e disabilità, con un focus particolare sul paese dell’Est europeo.

Ancora oggi, a livello europeo i numeri ci dicono che le donne con disabilità subiscono discriminazioni maggiori, laddove le persone con una disabilità sono circa 111 milioni e circa il 57% di questi è donna e l’8% della popolazione UE ha una severa disabilità, mentre il 17% ne ha una moderata/severa. Essi corrispondono, nel loro insieme, a un tasso di povertà più alto del 70% della media (Fonte dati: Rapporto ufficiale EUROSTAT EU-SILC 2016/17; European Disability Strategy (2010-2020).

In Italia le persone con disabilità sono oltre quattro milioni, di cui i due terzi donne, vivono per la maggior parte al sud della penisola e solo circa un terzo di loro ha una occupazione (35,1% nella fascia di età 16-64 e 31,3% nella fascia di età 45-64, fonte Report ISTAT 2015).

RISEWISE ha cercato di fornire idee e soluzioni e collaborare per mettere a sistema best practice esistenti, per facilitare sia la vita delle persone con disabilità sia per rendere più inclusive le nostre società, anche guardando fuori, altrove, in Europa e vedere le cose che si possono fare, che si possono imitare, che sono positive e cambiano la vita.

L’obiettivo di RISEWISE è stato anche quello di influenzare la politica pubblica verso le donne e le donne con disabilità, di influenzare il pensiero delle persone, dei cittadini.

Pertanto, per quanto di nostra conoscenza, RISEWISE è stato il primo progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea che avesse al centro le donne con disabilità in qualità di protagoniste del progetto stesso e non “oggetto” di studio, analisi, ricerca. Le donne con disabilità che hanno rappresentato, quindi, il focus e il fulcro di RISEWISE, erano il soggetto e l’oggetto del progetto, erano le artefici e le responsabili, con un approccio, come detto, olistico, laddove nessuna sfaccettatura della vita quotidiana, delle politiche sociali veniva tralasciata.

Per introdurre poi il tema dei risultati di RISEWISE, che dimostrano quanto i progetti europei di ricerca e innovazione possano realmente rappresentare un driver for change [fattore di cambiamento, N.d.R.] a livello globale e non solo nel settore di interesse, ne fornisco qui una breve analisi.

Sulla centralità delle donne con disabilità, si ricordano solo alcune delle iniziative organizzate a Bologna, Genova e Brescia (Italy), Ljubljana (Slovenia), Guimaraes (Portugal), Madrid (Spain), in molte città fuori dal consorzio e altri paesi, dove donne con disabilità organizzavano eventi, si auto raccontavano, venivano intervistate, erano protagoniste di workshop e conferenze a tema, con grande risonanza nei social media e nella stampa.

I partner del progetto hanno riportato un totale di più di 260 azioni di outreach, suddivise fra attività di disseminazione, comunicazione, public e citizen engagement, arrivando a gettare le basi per nuove collaborazioni e linee di ricerca congiunte, a far sì che RISEWISE possa essere sfruttato in maniera durevole. Ad esempio, nuove proposte progettuali sono state sottomesse per progetti di ricerca e innovazione. Queste sono state redatte in collaborazione con le NGOs e aziende private del consorzio, con lo scopo di toccare con mano la realtà di cui si necessita e a cui la ricerca deve contribuire in una sorta di processo di co-creazione, dove tutti sono responsabili della produzione del bene comune e le esigenze e i bisogni di molti vengono ascoltati e posti in primo piano, con stakeholder e professionisti invitati a partecipare al processo di creazione e innovazione, secondo i principi della RRI (Responsible Research and Innovation).

I risultati sono stati in linea con le attese e hanno tratto vantaggio da alcune caratteristiche principali del progetto stesso: il forte legame con le associazioni di donne e disabilità, la stretta collaborazione con municipalità e autorità locali/nazionali e le competenze trasversali dei partner negli ambiti specifici. Esempio di ciò è stata l’udienza presso il Parlamento italiano cui la coordinatrice del progetto e autrice del presente contributo è stata invitata nell’ottobre del 2017, per esporre sul tema donne e disabilità e politiche del lavoro in Italia.

Tutto quanto sopra per dimostrare come i progetti europei possono essere un forte motore di cambiamento istituzionale e sociale, volti a facilitare il mutamento culturale delle società in cui questi vengono implementati, ma solo se riescono ad avere un fortissimo legame con la cittadinanza, con i non addetti ai lavori, con coloro che non sono già informati o attivi nella tematica. Non è neppure da sottovalutare quanto RISEWISE abbia lavorato per fare uscire le accademie dalle torri si avorio e farle dialogare straordinariamente ma anche stabilmente con i settori privati e dell’associazionismo. I risultati migliori si hanno proprio da progetti cosiddetti atipici, come atipico e innovativo è stato RISEWISE, che mettono insieme settori diversi, discipline anche agli antipodi, persone di cultura, estrazione e formazione differenti, nazioni lontane e situazioni personali variegate, così raggiungendo migliaia di persone.

 

Per approfondire:

Sito del progetto RISEWISE – RISE Women with Disabilities in Social Engagement.

Simona Lancioni, “Voci di Donne”: dalla parola ai percorsi di libertà, «Informare un’h», 19 febbraio 2018.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 10 Maggio 2021 da Simona