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VIVIEN, contrastare la violenza di genere a partire dalle sue radici culturali

Intervista a Cristina Ceruti e Roberto Mazzini,
referenti di Giolli Società Cooperativa per il progetto VIVIEN, a cura di Simona Lancioni

Nell’agosto 2018 abbiamo avuto modo di segnalare l’imminente avvio del progetto VIVIEN, acronimo di “VIctim VIolence Educational Network”, un progetto educativo per migliorare la capacità di assistere le donne vittime di violenza, con l’obiettivo di prevenire e affrontare la violenza contro le donne, con una attenzione particolare alle donne con disabilità.  L’importante iniziativa, coordinata dalla Giolli Società Cooperativa di Montechiarugolo (Parma), e realizzata nell’ambito del “Rights, Equality and Citizenship Programme” (2014-2020) dell’Unione Europea, si è appena conclusa. Per conoscerne gli esiti abbiamo rivolto qualche domanda Cristina Ceruti e Roberto Mazzini, referenti di Giolli Società Cooperativa per il progetto VIVIEN.

 

Immagine sfuocata di una figura femminile davanti a dei fiori rosa (foto di Anastasia Zhenina).

Uno degli obiettivi principali di VIVIEN era quello di migliorare in modo sistematico le competenze di 500 figure professionali di diversi settori (polizia, sistema giuridico, scuola, sistema sanitario e socio-assistenziale) che hanno il primo contatto con le donne a rischio o che hanno subito violenza, con un’attenzione particolare alle donne con disabilità. Che tipo di risposta avete avuto nella realizzazione di questo obiettivo?
«Dobbiamo distinguere tra i 100 moltiplicatori [figure con elevate competenze in tema di contrasto alla violenza specificamente formate per divenire agenti di promozione culturale, N.d.R] formati in tutta Europa direttamente in VIVIEN dallo staff, con 60 ore di lavoro, e gli altri 400 coinvolti in formazioni più brevi condotte dallo staff o congiuntamente da noi con i moltiplicatori.
Nel primo caso l’obiettivo è stato raggiunto, come dimostrano i risultati raccolti dall’Università di Parma, partner di progetto, che ha studiato con appositi test, le abilità e atteggiamenti e credenze dei professionisti, dall’inizio alla fine della formazione. Pur con alcuni elementi critici quali il numero ridotto del campione, i dati dimostrano un incremento significativo su alcune delle principali dimensioni analizzate, in particolare: aumento della capacità empatica, ovvero di cambiare punto di vista e di sentire le emozioni della vittima di violenza; diminuzione delle credenze stereotipate sul rapporto uomo-donna, sulle motivazioni della violenza maschile e sull’accettazione della violenza da parte delle vittime; maggiore consapevolezza dei rischi di vittimizzazione secondaria in quanto operatori non pienamente formati; maggiore coscienza del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità.
Nel secondo gruppo, ovvero i 400 toccati da formazioni e seminari più brevi, abbiamo rilevato una maggiore attenzione e passione per il fenomeno della violenza alle donne con disabilità, un interesse crescente che ha portato a sviluppare altre iniziative di sensibilizzazione non previste o anche oltre il progetto stesso. Non era previsto però uno studio scientifico come quello fatto dall’Università di Parma, quindi possiamo solo portare le nostre impressioni e i feedback dei partecipanti che hanno confermato un miglioramento delle proprie competenze dopo gli interventi del progetto Vivien.»

Tra i soggetti beneficiari degli interventi del progetto figurano anche 130 responsabili a vari livelli: direttori/manager, capi dipartimento, coordinatori/responsabili di singole unità (nella polizia, scuola, sistema sanitario e sociale, sistema giudiziario, etc.). In seguito a questi interventi, avete registrato qualche cambiamento tangibile nelle azioni di contrasto alla violenza di genere nei diversi ambiti di competenza dei responsabili coinvolti? Se sì, quali?
«Questa area è stata meno lavorata della precedente (per la formazione dei moltiplicatori parliamo di 60 ore di lavoro, mentre coi dirigenti abbiamo fatto poche ore di seminario) e quindi anche i risultati sono minori e poco visibili.
In alcuni casi possiamo dire che c’è stata una maggiore disponibilità a collaborare e sostenere i nostri moltiplicatori, fornendo tempi, spazi e risorse per i cosiddetti “Seminari di sensibilizzazione settoriali” ovvero quegli eventi formativi che sono stati condotti insieme dallo staff di VIVIEN e dai “moltiplicatori” ovvero i 100 professionisti che hanno seguito la formazione principale.
Quando si parla di enti ed istituzioni i cambiamenti sono sempre più lenti, ma piccoli progressi li abbiamo visti, soprattutto in un crescente interesse e nel coinvolgimento ad una tematica così complicata e nascosta.»

VIVIEN è stato sostenuto da diversi partner, due italiani – l’Associazione Centro Antiviolenza di Parma (ACAV) e l’Università cittadina –, e altri con sedi in Finlandia, Croazia e Bulgaria. Quali sono le principali differenze che avete riscontrato negli approcci di contrasto alla violenza presenti nei diversi Paesi coinvolti nel progetto? Avete rilevato differenze anche nell’attenzione riservata alla discriminazione multipla a cui sono esposte le donne con disabilità?
«Il lavoro nei quattro Paesi è visibile nel video di progetto.
Ci sono state importanti differenze di metodo, pur nella generale sensibilità al tema e nella omogeneità del processo svolto.
Per esempio in Italia abbiamo fuso il Teatro dell’Oppresso, che è il metodo principale usato da noi di Giolli, con un approccio più verbale e anche basato su alcuni esercizi di Mindfulness, che è patrimonio di ACAV.
Un altro approccio strutturato è Somebody, un metodo psicofisiologico finlandese, sviluppato dal partner SAMK, che lavora sulla percezione del proprio corpo, delle tensioni, delle emozioni e arriva a sviluppare delle life skills, sia negli operatori che nelle vittime di violenza.
Rispetto ai metodi Bulgaro e Croato non abbiamo visto un vero e proprio metodo, ma una serie di elementi combinati assieme, con una preferenza per momenti di riflessione collettiva a partire da diversi stimoli (dati, video, domande, ecc.). Il partner Croato ha un network molto forte, mentre i partner Bulgari erano più centrati sul tema della disabilità, invece la questione della discriminazione multipla era una novità per gli altri partner che è stata introdotta in Italia grazie al supporto di Differenza Donna e della dott.ssa Rosalba Taddeini; è diventata quindi materia di discussione nei vari momenti formativi e disseminativi.
Abbiamo svolto un seminario regionale con AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici) e Mondo Donna di Bologna in cui questa tematica è stata abbordata e verrà ripresa in altri momenti seminariali, per arrivare a un documento da presentare alla Regione Emilia-Romagna che sta stilando il nuovo Piano Regionale di contrasto alla violenza.»

In che modo le donne con disabilità, e/o le loro associazioni rappresentative, sono state coinvolte ed hanno partecipato al progetto?
«Innanzitutto nella partnership, in quanto uno dei due partner bulgari è un’associazione di persone con disabilità visiva. In ogni Paese poi si è cercato di coinvolgere dall’inizio le associazioni di persone con disabilità.
Se su Parma non abbiamo avuto molto riscontro (alla conferenza di lancio il 7 dicembre 2018 era presente solo una associazione locale), poi si è sviluppato un rapporto con voi, di collaborazione nella diffusione delle notizie sul progetto. Non c’è stato molto altro per buona parte del progetto.
Dobbiamo dire che il mondo delle associazioni di persone con disabilità non ha risposto come pensavamo, forse anche per mancanza di precedenti canali diretti e quindi, nonostante ripetuti solleciti, è stato poco coinvolto.
Negli ultimi mesi si è vista una maggiore attenzione, col coinvolgimento di AIAS di Bologna per esempio e recentemente con la UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) grazie al lavoro del centro antiviolenza di Pizzo Calabro che aveva partecipato al nostro training nazionale e col quale stiamo ipotizzando altre iniziative.
Anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) era presente con una rappresentante, ma diciamo che il coinvolgimento delle associazioni di persone con disabilità per ora è stato il lato più carente di VIVIEN.»

In una specifica sezione del sito del progetto avete pubblicato i molti strumenti di supporto realizzati per includere la disabilità nelle iniziative di contrasto alla violenza di genere. Quasi tutto il materiale è in lingua inglese. Pensate di produrre delle traduzioni in lingua italiana o in altri formati (ad esempio, linguaggio facile da leggere e da capire, comunicazione aumentativa alternativa)?
«Sì, la maggior parte del materiale è in inglese perché è frutto di un lavoro collettivo dei vari partner e indirizzato a cittadini e associazioni di tutta Europa. Questo era il nostro target, tuttavia se avessimo un aiuto da parte di persone competenti sì, potremmo tradurre in altri linguaggi non verbali alcuni materiali. Anzi rilanciamo questa domanda come richiesta di collaborazione: c’è qualcun@ che ha voglia di aiutarci in questa traduzione? Ci contatti a vivien@giollicoop.it
Alcuni materiali saranno comunque tradotti in italiano prossimamente.
Segnaliamo anche che su Facebook e YouTube si trovano molti video che possono essere interessanti, come momenti di spettacolo Teatro-Forum o di dibattito (“I lunedì di Vivien” su Facebook) che sono anche in italiano.»

Nel condurre il progetto avete insistito molto sull’importanza del ruolo dei cosiddetti moltiplicatori e avete testato quattro metodi di lavoro. Vuole illustrarci sinteticamente questi due aspetti?
«I moltiplicatori nascono dall’idea di dare continuità al progetto anche dopo la sua fine, lasciando delle competenze che permettano ai professionisti formati, ai 100 di cui si parlava prima, di restare come risorsa nel proprio ente, ma non come ricevitori passivi della formazione se non come agenti di promozione culturale. Il tema della violenza non riguarda la patologia individuale, ma la cultura patriarcale, quindi siamo tutti immersi in essa da millenni. Un cambiamento efficace deve tenerne conto e pertanto i moltiplicatori sono quelle figure che potrebbero avviare iniziative interne all’ente, non solo legate al caso singolo di violenza e come gestirlo al meglio, ma anche farsi promotori di eventi di riflessione proprio sulle radici culturali della violenza. Questo ovviamente è un traguardo ambizioso ma abbiamo lavorato in questa direzione.
Rispetto ai metodi come accennavamo prima, i risultati sono simili tra i 4 paesi, pur avendo usato metodi diversi. In realtà ci sono alcuni elementi comuni, direi di meta-metodo, quali: una formazione olistica che ha tenuto conto delle varie dimensioni (mente, corpo, emozione) anche se in modi e quantità diversa nei Paesi; la sospensione del giudizio; l’adesione al qui e ora, ovvero niente programmi prestabiliti, ma spunti presi da quel che succedeva in aula; la maieutica, ovvero una tendenza anche qui più o meno forte tra i 4 staff, a non dare risposte subito, ma a provocare con domande, la riflessione e la rottura degli stereotipi.
Per approfondire il lavoro dei moltiplicatori abbiamo prodotto questo video

È prevista una prosecuzione del progetto?
«Non in toto, ma in Italia sì, abbiamo presentato un progettino più ridotto, a livello locale, chiamato “VIVIEN 2° step”, che mira a sostenere e approfondire il ruolo dei moltiplicatori formati, cosa che ci è stata anche richiesta da loro stessi, in quanto si è creato un forte affiatamento di gruppo anche tra figure professionali diverse; abbiamo inoltre varie iniziative sparse, sia in provincia di Parma con l’Istituto Guatelli (di Collecchio) che sta preparando una formazione per altri insegnanti, sia a Pizzo Calabro, dove stiamo progettando un percorso formativo comune.»

 

Per approfondire:

Sito del progetto  VIVIEN – VIctim VIolence Educational Network.

Pagina Facebook del progetto VIVIEN.

Giolli Società Cooperativa di Montechiarugolo (Parma).

VIVIEN, supportare le vittime di violenza attraverso interventi educativi, «Informare un’h», 2 agosto 2018.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 25 Febbraio 2021 da Simona