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Amministrazione di sostegno: sia concesso al beneficiario di riabbracciare fidanzata e fratello

Marta e Mattia sono rispettivamente la fidanzata e il fratello di F., un giovane uomo fiorentino che, nel 2021, in seguito ad un’emorragia cerebrale, ha conseguito un’importante diminuzione della memoria breve termine e la difficoltà a orientarsi nello spazio. Il persistere di tali limitazioni hanno reso necessario che a F. fosse affiancata un’amministratrice di sostegno, sua madre. Tuttavia quest’ultima, per divergenze personali, in modo del tutto arbitrario, e nonostante l’invito al buon senso del Giudice Tutelare, continua a impedire a F. di incontrare Marta e Mattia, e di coltivare questi affetti vitali. Ospitiamo di seguito gli strazianti appelli di Marta e Mattia che documentano un’altra storia, l’ennesima, di abusi commessi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno.

“Empatia”, un’opera della pittrice surrealista argentina Maria Amaral. Essa raffigura l’abbraccio di un uomo e una donna i cui volti, a tratti trasparenti e sovrapposti, si fondono insieme, mentre le loro mani, in primo pano, si stringono.

SOS: sono Marta, aiutatemi a riabbracciare il mio fidanzato che l’amministratrice di sostegno mi vieta di vedere

Caro L., scrivo questa lettera perché un giorno tu abbia memoria di ciò che è accaduto mentre dimenticavi. Giacché adesso non può giungere tra le tue mani, ed anche se potesse nessuno te la leggerebbe, desidero appenderla alle mura della città. Voglio che la pubblichino i giornali, che la leggano i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi dottori.

È triste doverlo fare, avrei preferito potermi sedere accanto a te e parlarti del cielo, della Bellezza, del mondo. Ma adesso l’incontro ci è proibito. Nell’inverno 2021 sei stato colpito da un malore improvviso. Dopo un mese di coma e sei mesi di riabilitazione in regime di isolamento quasi completo a causa della pandemia mondiale, sei tornato a casa. Spaesato, fragile, ferito, privo della tua forza e soprattutto della tua autonomia. Un Tribunale ti ha affidato a tua madre, la quale al momento, in quanto amministratore di sostegno, è convinta di “non dover dare alcuna spiegazione” riguardo alle decisioni che prende per tuo conto. All’inizio venivo a trovarti a casa tutti i giorni. Parlavamo, leggevamo, camminavamo per i pochi metri possibili alle tue condizioni fisiche. Un giorno abbiamo persino ballato. Abbiamo riso, abbiamo pianto, e nonostante la tua condizione attuale – un eterno presente sgravato dal peso del minuto – niente ha mai impedito l’esercizio del tuo efferato intelletto, maestà capace di illuminare il prossimo sia in tempo di pace che in tempo di carestia.

A seguito di un diverbio con tua mamma, conseguente a tensioni già insite nel nostro differente modo di concepire la vita (ed in particolare la relazione con te dopo l’avvento del male), mi è illegittimamente vietato vederti, parlarti (anche telefonicamente) e raggiungerti in qualsiasi modo. Più volte ho tentato di trasgredire questo assurdo divieto, ho chiesto aiuto ad amici e parenti, mi sono rivolta al tuo neuropsicologo ed a tutti i tuoi dottori. Benché chiunque possa facilmente riconoscere il danno che così ti viene arrecato – paradossalmente lo riconosce anche chi te lo arreca! – sembra che nessuno possa aiutarmi, che la sacralità di un rapporto umano non siglato da una ridicola legge non possa essere difesa, che tutto ciò per cui il cuore dell’uomo si eleva non abbia alcun valore agli occhi di una società se essa non può inserirlo in una categoria, imprigionarlo in una forma, ucciderlo con un nome. L’unica persona che ha sempre compreso l’assurdità della situazione, ha difeso il tuo diritto di espressione e di parola, ed ha cercato di tutelarti in ogni modo possibile da scelte che vengono prese in tuo nome ma senza il tuo consenso, è tuo fratello Mattia. Per averlo fatto, neanche lui può vederti né parlarti da mesi. Ovviamente né io né lui ci siamo mai arresi alla situazione e, poiché la nostra unica richiesta è la possibilità di interagire con te e far sì che tu possa avvalerti del nostro aiuto – qualora tu lo desideri – anche nell’ambito della riabilitazione, più volte siamo venuti a cercarti di persona, ed ogni giorno tentiamo di raggiungerti quantomeno per telefono. Le poche volte in cui siamo riusciti ad intercettarti per strada o siamo venuti a portarti rose sotto la finestra, nonostante la tua manifesta felicità nel vederci, siamo stati scacciati con violenza e denunciati ai carabinieri, cosa che ovviamente, avvenendo di fronte ai tuoi occhi increduli, ti ha sempre provocato un grave stress emotivo. Tu, infatti, al momento, dimenticando purtroppo l’ordine degli eventi, non puoi dare alla faccenda una coerenza logico-consequenziale, e dunque non comprendi perché ogni volta che veniamo a cercarti succeda tutta quella gratuita confusione. Invero, quando hai provato a sedare gli animi, nessuno ti ha dato ascolto… Allo stesso modo e per la stessa causa, sei all’oscuro del fatto che ti stiamo cercando ogni giorno, perché i nostri numeri ti sono stati cancellati e se abbiamo la fortuna di trovare il tuo telefono acceso (chiamando da altri numeri o da un “numero privato”), esso viene prontamente spento, cosicché tu possa lentamente dimenticare che esistiamo e dimenticare con noi un’ingente porzione della tua vita. Tutti i numeri di amici in comune da cui sei stato chiamato sono stati bloccati o non hanno mai ricevuto risposta. La censura riguarda chiunque non sia ritenuto gradito (non da te, ovviamente, ma da chi oggi decide per te). Da settimane ormai anche tuo babbo, che non vive nella tua stessa casa, dunque può contattarti solo dall’esterno, fatica a ricevere tue notizie. Gli viene concesso di chiederti come stai soltanto dopo diversi giorni da quando ti ha cercato. In tutto ciò sembra che nessuno di coloro che dovrebbero aiutarti in questo momento voglia porsi la domanda fondamentale: a che pro, dopo tutto ciò che la malattia ti ha tolto, privarti anche di questo bene? Per quale motivo, a causa di un dissidio che nulla ha che vedere con te in prima persona, ma riguarda solo ed esclusivamente chi adesso decide al tuo posto, toglierti la possibilità di interagire con persone che nulla chiedono se non amarti, e che finché hai potuto prendere decisioni per te stesso, sono state presenti nella tua vita? All’apice del dolore, sorge dunque la Grande Risata, quella che in te era così grande da far tremare le fondamenta dell’esistente… Questa privata vicenda è certamente soltanto una minuscola inezia nell’inarginabile oceano delle tragedie universali, tuttavia essa si rivela esemplare: su un pianeta già votato alla disperazione, in cui ogni essere umano nasce e muore senza sapere, c’è chi lotta al solo fine di impedire ciò che resta del bene. La cosa risulta tanto più risibile quando penso che non altro avremmo voluto se non restituirti la poesia che tu stesso hai sempre portato al mondo; al di là di ciò che la malattia ti ha tolto, difendere il possibile residuo incanto, quell’eccezionale sfumatura d’umanità che neppure la prossimità della morte ha intaccato.

Per trentotto anni hai vissuto prodigando gentilezza e dubbio, devoto all’avventura della conoscenza, alla maestà dello spirito, al canto della ribellione. Adesso il corpo ti ostacola e la memoria falla, ma “molte aurore potrebbero ancora risplendere” e tu, come ogni altro, dovresti aver diritto a gioire di ciò che in coscienza hai sempre amato e scelto. Sei una Persona e come tale nessuno dovrebbe poter interferire sulla sfera dei tuoi rapporti umani e sulle tue scelte emotive.

Alla luce dell’oggi tutto sembra impossibile. Anche l’invito al buon senso di un Giudice Tutelare atto a garantire i rapporti tra te e tuo fratello è stato ignorato. Il verbale è troppo vago per tutelare la sacralità del bene! Quanto a me, in questo desolante medioevo della legge e delle menti. “non conto niente”, ed è per questo che ricorro ad una lettera semplicemente per ricordarti che sono qui e che quando ti accorgerai della mia assenza nei tuoi giorni dovrai sapere che non è stata una mia scelta, ma un’imposizione dettata da volontà altrui. Prima che tu stessi male, il nostro è stato un incredibile sodalizio. Iniziato dodici anni fa con l’euforia dei ragazzini, è stato assoluta alleanza del pensiero, sposalizio dell’anima, inviolabile Bene.

La lingua greca, tanto più vasta della nostra nella concezione di ogni sfumatura dell’universo, possiede un nome per un incontro come il nostro: lo chiama Agape, “amore tra pari”, un banchetto di anime non esente da caratteristiche divine. Ebbene, fratello mio, è orrore comunicarti che questo amore nel nostro secolo non conta niente e adesso che tu non puoi più difenderlo, “il Potere” lo nega interamente. Ma non temere, io e tutti coloro di cui a causa di questa situazione non hai più notizie, non smetteremo di cercarti. Perdonaci se per raggiungerti dobbiamo ricorrere a mezzi che tu condanneresti. Non avremmo mai voluto rivolgerci ad un Tribunale, sappiamo bene quanto tutto ciò possa sembrarti assurdo, ma al momento non abbiamo altro modo per tutelare i tuoi diritti di Persona se non appellarci alla legge (la quale, a quanto pare, in questo frangente presenta imperdonabili mancanze…). Se il mondo fosse come tu lo hai sempre sognato, il buon senso sarebbe sufficiente a risolvere la faccenda, l’amore tra esseri umani sarebbe l’unico valore sacro ed inviolabile da tenere in conto e chiunque si guarderebbe bene dal calpestare la tua dignità. Purtroppo, L., i tuoi sogni, le tue idee, i tuoi pensieri sono sempre stati troppo alti per questa terra e, ora che non ti è data la possibilità di esprimerli in autonomia, sembra impossibile spiegare, farsi capire, tutelarti dalla crudeltà di imposizioni ridicole e gratuite crudeltà.

Ma neppure per un istante devi pensare di essere stato dimenticato. Ti cerchiamo ogni giorno, benché ti sia vietato di saperlo. Mai cesserà il desiderio di riabbracciarti né la necessità di reclamare una giustizia. E domani, tra qualche settimana o tra vent’anni, qualcuno avrà il coraggio di consegnarti questa lettera, trasgredirà la stupidità di un veto che tu stesso avresti per primo trasgredito. È un atto umano, e in fondo mi aspetto ancora dall’umano che faccia l’unica cosa di cui è degno: veicolare l’amore e lasciare che sia, ben oltre la miseria delle anime ed il ridicolo delle leggi dello stato. Nel frattempo ti chiedo perdono per l’attuale sconfitta, per l’impossibilità di difendere ciò che tu avresti difeso, per l’incapacità degli uomini di porre un limite alla loro ottusità. Resto certa che anche il peggiore dei mali possa essere vissuto con poesia e che tu, per la gentilezza e l’onestà sempre spese a favore del mondo, avresti diritto ad essere ripagato anche in questo frangente con la moneta che hai sempre donato. Non importa ciò che oggi dimentichi. Laggiù, nel profondo, oltre la nebbia, nel sogno ed oltre il sonno, tu sei. Ed è a quel profondo “tu” che io parlo, ancora certa che sia il grandioso interlocutore che ho conosciuto, maestro altissimo capace di elevarsi nel sorriso su tutte le miserie della specie. A nome dell’universo ti chiedo scusa, L.. Sola è la terra in tua assenza ed ogni aurora attende il ritorno. Assolvi coloro che ti impongono questa proibizione ed assolvi me che non saprò farlo mai. E se anche nulla dovesse più tornare com’era, se tu non dovessi mai riconquistare il Tempo perduto, e restasse solo questo attonito presente ad obliare la grazia dei tuoi occhi offesi, non credere che la Bellezza sia finita. Sempre la tua maestà troverà il modo di ingannare l’inferno. Sempre l’intelletto si farà beffe del terrestre labirinto. Sempre sbocceranno rose nel deserto. “Sempre sarà Canto”…

 

SOS: per favore, aiutatemi a riabbracciare mio fratello!

Mi presento: sono Mattia, un ragazzo di 26 anni di Firenze, mio malgrado protagonista di una storia assurda e dolorosa. Due anni fa mio fratello L., a seguito di un’emorragia cerebrale, è stato dichiarato temporaneamente incapace d’intendere e di volere ed affidato ad un’amministratrice di sostegno, sua madre. Siamo infatti fratelli unilaterali, abbiamo in comune soltanto il padre e purtroppo, nonostante il bene che c’è tra noi ed il nostro splendido rapporto umano, non abbiamo mai vissuto nella stessa abitazione. Per tutto il periodo dell’ospedalizzazione di L. (durato ben sei mesi!), nonostante le limitazioni anti-Covid che iniziavano a creare le prime tensioni tra tutti coloro che desideravano stargli accanto, ho potuto visitarlo e stare insieme a lui. Due mesi dopo il suo rientro a casa, per aver semplicemente difeso il suo diritto alla libertà contro ingiustificate disposizioni dell’amministratrice di sostegno, non mi è stato più concesso il diritto di fargli visita. Mio fratelle è stato infatti prima allontanato senza legittimo motivo da Marta, la quale è stata per ben dieci anni la sua compagna, in seguito da me… e adesso persino per nostro padre i contatti sono difficili! Questi orrendi limiti, ingiustamente imposti per puro capriccio, giacché nessuno di noi gli ha mai arrecato danno, lo privano di una porzione enorme della sua vita affettiva e non sono certo d’aiuto nel processo di riabilitazione. L. non può essere contattato telefonicamente perché il mio numero è stato bloccato a sua insaputa, così come quello di ogni altra persona sgradita. Non sappiamo più come sta, non sappiamo se chieda di noi né cosa gli venga risposto. Per aver tentato di incontrarlo in strada o fuori da casa, adesso io e Marta abbiamo entrambi una denuncia per molestie. Laddove per molestie si intende il dono di un rosa, un sonetto di Shakespeare, una dichiarazione d’amore. Più volte ho chiesto a sua madre di essere ragionevole, di permettere i nostri incontri, di lasciargli fare una passeggiata con me, ma tutto è stato inutile. Sto attualmente provando a percorrere la strada legale, ora aiutato anche da nostro padre, ma neppure l’invito al buon senso di un Giudice Tutelare atto a difendere il legittimo rapporto tra fratelli è servito a consentirmi di riabbracciare L.. La giustizia ha tempi biblici, sembra ignorare i diritti della Persona e la dignità umana…ed intanto mio fratello è privo di un’ingente porzione dei suoi riferimenti affettivi e di tutti gli stimoli e le possibilità che gli deriverebbero dalla frequentazione di coloro che aveva scelto per la sua vita. Mentre io mi trovo qui, impotente, con un’assurda denuncia penale sulle spalle, al centro di un dolore che mi accompagnerà per sempre, ed incapace di comprendere i motivi di tanta gratuita crudeltà. Perché tutto questo? Com’è possibile che cose del genere avvengano senza che la legge intervenga subito a limitarne i danni? Perché nessuno tutela gli individui e la loro libertà? Cosa devo fare ancora per riuscire semplicemente a riabbracciare mio fratello?

 

Nota: si ringrazia Barbara Pavarotti per la segnalazione.

 

Vedi anche:

Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.

 

Ultimo aggiornamento il 24 Novembre 2023 da Simona