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Di frutta, di corpi e di violenza che andrebbe prevenuta

I manifesti di promozione della terza stagione di Sex Education, una serie televisiva britannica, esposti a Milano, con le immagini di frutta che alludono agli organi genitali maschili e femminili, stanno suscitando le prevedibili polemiche e proteste. Ma il problema, come sempre qui Italia, è il boicottaggio più o meno sistematico da parte dei partiti conservatori e dei movimenti ultracattolici di portare l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole, ovvero il più efficace strumento di prevenzione della violenza di genere, omofoba, abilista o di altro tipo.

Un particolare della locandina della la terza stagione della serie televisiva Sex Education contiene i disegni di alcuni personaggi della nuova stagione, tra i quali figura anche un giovane in sedia a rotelle.

Pare che in questi giorni a Milano sia scoppiata la “guerra alla frutta”. Tutta colpa di Netflix, uno dei colossi operante nella distribuzione via internet di film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento a pagamento, che per promuovere la terza stagione di Sex Education, una serie televisiva britannica, ha affisso in giro per la città dei manifesti che immortalano banane, melograni, ciliegie, albicocche, ma anche un cactus, un’orchidea e un’ostrica accompagnati dalla scritta “Se la vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta. Anche la tua” (dicitura di cui esiste anche il corrispettivo maschile). Le immagini, che chiaramente alludono agli organi genitali maschili e femminili, hanno suscitato le prevedibili polemiche e proteste di un partito di destra e dei movimenti ultracattolici, tutti preoccupati dei messaggi che potrebbero arrivare ai bambini e alle bambine, ben sapendo «che un bambino che vede una banana vede… una banana. I bambini sono letterali. Non capiscono le allusioni sessuali e non guarderanno Sex Education, una serie pensata per un pubblico di adolescenti ma seguita con gusto anche dagli adulti», osserva, giustamente, Giulia Blasi su «Valigia Blu» (La sessuofobia delle destre e l’educazione sessuale di cui abbiamo bisogno, «Valigia Blu», 30 settembre 2021). A parte la curiosità di scoprire quale norma violi chi mette frutta, piante e molluschi sui manifesti, il problema è, come sempre qui in Italia, l’educazione all’affettività e alla sessualità. Con l’intento dichiarato di tutelare l’innocenza di bambini e bambine, ancora tanti e tante attribuiscono tale funzione educativa esclusivamente alle famiglie, che spesso non hanno la esercitano in modo adeguato, e talvolta la utilizzano per trasmettere stereotipi sessisti, omofobi, abilisti e d’altro tipo.

Uno dei manifesti che pubblicizzano la terza stagione della serie televisiva “Sex Education” affissi a Milano. Esso raffigura un’ostrica, un’albicocca e un’orchidea accompagnate dalla scritta “Se la vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta. Anche la tua”.

Non si tratta semplicemente di evitare malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate, anche se la mancanza di informazioni chiare e accessibili riguardo a questi aspetti espone gli/le adolescenti ai rischi che ne conseguono. L’educazione sessuale serve anche ad imparare a conoscere il proprio corpo, a comprenderne il funzionamento ed a rispettarlo, nonché ad imparare a relazionarsi alle persone e ai corpi altrui in modo adeguato e rispettoso. Ciò è vero per tutti e tutte ma lo è a maggior ragione per le persone con disabilità, per le persone in sovrappeso, ed in generale per le persone con “corpi non conformi” ai modelli che continuano ad essere proposti dai media e dalle campagne pubblicitarie. Corpi, quelli “non conformi”, che, al di là delle buone intenzioni, continuano a non essere pubblicamente rappresentati, veicolando il messaggio, talvolta anche esplicito, che in loro ci sia qualcosa di sbagliato. L’ultima conferma arriva dallo spot 2021 “Trova la tua bellezza” dell’azienda di biancheria intima Intimissimi, che, lanciato lo scorso settembre, propone una linea di reggiseni in pizzo che, spiega una voce, arrivano sino alla settima taglia, ma è realizzato con quattro ragazze di cui tre magre e una media… la settima sappiamo che esiste, lo spot lo dice con chiarezza, ed è già qualcosa, ma da qui a rappresentarla… E, ovviamente, di “corpi disabili” nemmeno a parlarne. Il body positive, il movimento creato per affermare che l’importanza di rappresentare pubblicamente anche i corpi considerati non convenzionali, getta i suoi semi e ultimamente di questi aspetti si parla di più, anche se nella pratica i cambiamenti sono molto più lenti.

L’educazione all’affettività e alla sessualità serve inoltre ad imparare a riconoscere e gestire i sentimenti e le emozioni, anche quelle in apparenza negative, come la paura, la frustrazione e la rabbia, ma che hanno una loro funzione, e che, se non adeguatamente gestite, possono sfociare in comportamenti aggressivi e violenza. Questa educazione serve a comprendere quali siano le condotte appropriate e accettabili nelle relazioni affettive, nonché ad apprendere che i “confini” delle persone non coincidono semplicemente col loro corpo, e che superarli senza essere autorizzati costituisce una forma di molestia. Lo spiega molto bene Marina Cuollo, scrittrice e attivista con disabilità, in un recente articolo sul concetto di consenso pubblicato sulla rivista «Vanity Fair». Scrive Cuollo: «Le persone con disabilità sperimentano di continuo questa violazione [la mancanza di rispetto dei confini personali, N.d.R.], che potremmo definire come una sorta di intimità forzata. L’infantilizzazione è un comportamento ricorrente e spesso si manifesta attraverso l’invadenza dello spazio personale, con atteggiamenti confidenziali o contatti fisici non richiesti, come pacche, baci e abbracci. Anche decidere di spingere la carrozzina di una persona disabile senza il suo consenso è una forma di violazione ed è equiparabile a una molestia, perché di fatto la carrozzina è un’estensione del corpo. Inoltre, ogni forma di imposizione legata al contatto fisico è intimità forzata, questo include tutto il personale assistenziale che non è stato approvato dalle stesse persone disabili» («Il concetto di consenso e il rispetto verso qualsiasi corpo», «Vanity Fair», 29 settembre 2021).

Va peraltro osservato che la consapevolezza di ciò che è accettabile e ciò che può costituire molestia, abuso e violenza è tutt’altro che scontata per le persone con disabilità, ed in particolare per le donne, che sono esposte a tali fenomeni sia in quanto persone con disabilità, sia in quanto donne. È verosimile ritenere che se le donne coinvolte nell’indagine VERA (Violence Emergence, Recognition and Awareness, in italiano “Emersione, riconoscimento e consapevolezza della violenza”), avessero ricevuto un’educazione affettiva e sessuale avrebbero risposto in modo molto diverso ad alcune domande del questionario di rilevazione e, soprattutto, avrebbero maturato una maggiore capacità di riconoscere e reagire alle violenze. L’indagine specificamente rivolta a donne con disabilità ha avuto due edizioni, entrambe svolte su campioni non probabilistici, la prima, del periodo 2018-2019, condotta dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) con Differenza Donna, la seconda, svolta nel 2020, condotta interamente dalla FISH. In entrambe le edizioni i dati rilevati mostravano una discrepanza tra la percezione della violenza e la sua reale manifestazione: le donne con disabilità intervistate che hanno risposto affermativamente al quesito generico sull’aver subìto una qualche forma di violenza sono il 33% del campione nella prima edizione dell’indagine e 35,4% del campione nella seconda; mentre alle domande specifiche inerenti le singole forme di violenza nella prima edizione hanno risposto affermativamente il 65,3% del campione della prima edizione e il 62,3% della seconda. Questo significa che molte donne con disabilità acquisiscono consapevolezza delle violenze subite solo a fronte di domande molto specifiche.

Per questi motivi, se da un lato la levata di scudi contro i “manifesti alla frutta” di Milano fa abbastanza ridere, dall’altro lato non c’è proprio niente di divertente nel boicottaggio più o meno sistematico da parte dei partiti conservatori e dei movimenti ultracattolici di portare l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole. Infatti insegnare agli/alle adolescenti a conoscere e rispettare il proprio copro e quello altrui, a vivere la sessualità serenamente e in modo sicuro, a non superare i confini personali delle altre persone senza il loro consenso, a riconoscere e gestire i sentimenti e le emozioni sono i più efficaci strumenti di prevenzione della violenza di genere, omofoba, abilista o di altro tipo. Se non ci decidiamo ad investire seriamente nella prevenzione, l’unica strategia che rimane è quella di intervenire quando molestie, abusi e violenze si sono già consumati. Più che per la frutta dovremmo indignarci per questo. (Simona Lancioni)

 

Vedi anche:

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 3 Ottobre 2021 da Simona